Intervista in esclusiva al dg di Veronafiere. In primo piano i motivi della sofferta decisione, ma anche l’importanza di nuove strategie di “rinascita”
A cura di Giulio Somma
Parla Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere, in esclusiva al Corriere Vinicolo sulla sofferta decisione di posticipare il Vinitaly al 2021 confermando un progetto, ancora da scrivere, per l’autunno. A proposito della lettera inviata ieri agli espositori dove viene proposto alle aziende che hanno versato la quota “il mantenimento dell’iscrizione alla 54^ edizione nella nuova collocazione del 18-21 aprile 2021, l’assegnazione dell’area e della tariffa espositiva senza alcuna variazione” sottolinea la disponibilità di Veronafiere “ad ascoltare le nuove necessità e a predisporre risposte efficaci in uno scenario in continua evoluzione”, come scritto nella missiva.
Sono diversi i motivi che hanno accelerato la decisione nel confronto con una filiera che si ritrova compatta attorno al Vinitaly. Esprime parole di apprezzamento ad Unione Italiana Vini per essere stata “un solido punto di contatto e di supporto” mentre guarda al post emergenza che si deve chiamare “rinascita”. Al centro devono rimanere le imprese e l’impegno di tutti per contribuire a definire un progetto serio “di sistema” mirato al rilancio del business. Ecco l’intervista.
Dopo aver giocato e vinto la partita a scacchi contro ProWein sulle date di un eventuale posticipo dell’edizione del 2020, dopo aver condiviso con la filiera la data di metà giugno e poi comunque l’opportunità di una riflessione e di una valutazione ultimativa il 3 aprile, avete frettolosamente anticipato la decisione di ieri bruciando le tappe di un percorso che aveva visto il mondo del vino e il Vinitaly marciare all’unisono. Cosa vi ha spinto ad anticipare i tempi della decisione? Avete condiviso con la filiera? Quale è stata la risposta?
Avevamo seriamente confidato nella possibilità di dare un segnale forte al settore e al Paese nel mese di giugno, per un nuovo rinascimento italiano insieme ad altri comparti del made in Italy quali la moda, il design, la cosmetica, che valgono insieme 45 miliardi di euro di export. Nessuna partita a scacchi con ProWein.
L’accelerazione sulla decisione è dovuta a tre fattori.
Il primo: dalle informazioni ricevute dalle istituzioni preposte, è risultato evidente che la crisi non si sarebbe risolta prima della fine di giugno, ossia che la situazione sanitaria non avrebbe consentito lo svolgimento del Vinitaly. Questo è avvenuto a cavallo della seconda iniziativa presa dal governo in materia d’emergenza, la notte di sabato 21 marzo, che ha previsto di fatto la chiusura di buona parte del sistema produttivo. Cosa che ha impattato anche sulla struttura organizzativa della nostra azienda. Per chi fa fiere è quasi un ossimoro: la fiera è un sistema di relazioni reali; oggi siamo in un sistema di relazioni virtuali.
Il secondo: la velocità di propagazione del virus in altri Paesi europei e in Nord America, arrivato in modo pesante dopo quasi un mese che l’Italia già stava lottando. La situazione è apparsa proprio in questi giorni difficilmente risolvibile in meno di due mesi anche in queste aree.
Il terzo: non volevamo assolutamente mettere i nostri espositori in ulteriore difficoltà lasciandoli in standby per un’altra decina di giorni, visto che le aziende sono impegnate a gestire una fase commerciale fortemente complessa.
Su questi tre presupposti non si poteva più mantenere la data di giugno e attendere la settimana prima di Pasqua per prendere una decisione che già domenica 22 era ormai diventata inevitabile.
Devo dire che in questa direzione, lunedì 23, nell’ultima riunione c’è stata la condivisione unanime di tutte le associazioni, che hanno espresso un ampio sostegno, oltre a un grande attaccamento e riconoscimento a Vinitaly per il suo ruolo nel settore. Decisione sofferta quindi da parte di tutti, ma necessaria. Per questo ringrazio veramente tutto il mondo del vino per averci supportato in questa difficile scelta.
Sembra quasi che abbiate inseguito le dichiarazioni dei produttori che chiedevano a gran voce il rinvio al 2021, rompendo quel fronte unitario che proprio voi avevate chiesto di costituire. Oggi, potrebbero dire, forse con qualche ragione, di avervi portato loro a questa decisione ….
Non abbiamo e non ho seguito l’onda delle dichiarazioni pubblicate sui giornali. Nell’ultimo mese siamo stati impegnati con tutto il lavoro di riprogrammazione che non ha riguardato solo Vinitaly. Nel 2020 Veronafiere, infatti, aveva e ha in calendario rassegne a cadenza biennale e triennale molto importanti. Alcune si sono già svolte, fortunatamente, altre sono state anch’esse posticipate.
Ho ascoltato invece tantissime aziende di tutte le regioni, categorie e dimensioni perché nel nostro mestiere il rapporto diretto è un fattore importante per capire i problemi e le tematiche più stringenti. In questo confronto nessuna azienda mi ha chiesto accelerazioni improvvise. Si è trattato di una scelta di consapevolezza del management e del consiglio di amministrazione della Fiera di Verona. Inoltre, non volevamo in alcun modo tenere le aziende ancora vincolate rispetto a un impegno che avrebbe richiesto di iniziare a organizzare la propria presenza attivando la rete commerciale, gli allestitori, gli inviti agli operatori. Un’azienda programma almeno tre mesi prima la propria agenda in fiera.
Ho trovato grande compattezza intorno a Vinitaly anche da parte di chi, in fasi diverse, ha manifestato sensibilità differenti. Ho trovato da parte di tutti, associazioni, aziende, operatori del settore, enologi, sommelier e comunicatori un grande attaccamento a Vinitaly. Anzi, mi spiace di non aver ancora risposto a tutti i numerosissimi messaggi che ho ricevuto e nei quali si riscontra la forza di Vinitaly, inteso come uno strumento indispensabile.
Devo altresì riconoscere che l’Unione Italiana Vini anche in questo difficile mese si è dimostrata non solo storico partner di Veronafiere e Vinitaly, con le molte iniziative che abbiamo messo a fattor comune a favore della promozione del sistema su alcuni mercati mondiali strategici, ma anche un solido punto di contatto e di supporto sia nella prima fase, quando si era deciso di tenere le date di aprile, sia nella seconda, quando abbiamo concordato il posticipo a giugno e infine col definitivo spostamento al 2021 della 54a edizione.
Se il settore adesso ha salutato positivamente questa decisione, probabilmente si attende un qualche ruolo di Vinitaly quest’anno sul tema del vino.
Già nella riunione di lunedì le associazioni presenti hanno espresso una forte disponibilità a collaborare con Veronafiere nel valutare la creazione di un evento straordinario a servizio del vino italiano da realizzare, se la situazione sanitaria lo permetterà, nel secondo semestre dell’anno. Questo ce lo hanno detto e scritto direttamente anche molte aziende.
In questo senso, Veronafiere è a disposizione per fornire il proprio contributo e la propria professionalità ed è pronta a collaborare e recepire suggerimenti e proposte che arriveranno dal settore. La responsabilità primaria del sistema delle associazioni del vino sarà proprio quello di fare sintesi, individuando le principali istanze e priorità, se si vuole creare qualcosa di significativo e realmente importante per le aziende nell’autunno del 2020. Si deve trattare fuori di dubbio di una iniziativa innovativa, che abbia valore per il business e la comunicazione e consenta alle aziende e al mondo del vino un vero momento di rilancio. Dovremo insieme con le associazioni di categoria ottenere una forte disponibilità, invece, da parte del sistema della promozione per invertire una curva difficile per questo settore, che è una bandiera del made in Italy sui mercati internazionali. E allora sì ci mettiamo a disposizione per organizzare un evento di valenza davvero internazionale. Che non sarà Vinitaly, ma sarà un supporto organizzato per essere realmente utile e produttivo dal punto di vista del business e anche della conoscenza di come sarà cambiato il mondo fra sei mesi. Perché non ci troveremo in un mondo che avrà le medesime regole. Saranno cambiate le relazioni sui vari mercati, le normative sui trasporti e su molti altri aspetti che regolano i commerci. Ci dovremo confrontare con una realtà probabilmente molto diversa da come la conosciamo oggi.
Da questo punto di vista, Vinitaly potrà quindi anche giocare un ruolo di catalizzatore di queste istanze e farsene carico?
Sicuramente Vinitaly può mettere a disposizione il proprio network internazionale, le proprie conoscenze dei mercati e le relazioni che ha intessuto in questi anni col trade e i buyer, ma anche con le istituzioni di Paesi esteri. L’iniziativa, tutta da costruire, non vuole essere un business per Veronafiere, lo dico chiaramente. Siamo disponibili a fare la nostra parte solo se ci sarà una convergenza forte su una iniziativa che avrà le valenze di business per le aziende, così come lo ho delineato prima. Dalle fiere a carattere internazionale, transita il 50% dell’export delle piccole e medie imprese e un valore medio annuo di 60 miliardi di euro d’affari generati per il sistema economico italiano. Vinitaly fa la sua grande parte per il settore vinicolo. Dobbiamo tutelare questa capacità di generare valore aggiunto per i nostri clienti.
È arrivata proprio ieri una richiesta di dialogo sull’autunno da Merano e Milano.
Riteniamo che il settore necessiti di una iniziativa a supporto del business che non potrà non essere organizzata da Veronafiere-Vinitaly con le associazioni del settore, il sistema della promozione e possa essere di reale servizio alle aziende. Se anche loro possono concorrere a realizzare insieme a noi qualcosa in questa direzione, siamo disponibili a parlarne.
Non rifiutiamo il contributo di nessuno, se utile e funzionale al progetto. Non è un tempo né di eventi facili, né di facile comunicazione.
È tempo invece di uno straordinario rigore e di una straordinaria capacità di ascolto per rimettere in fila gli elementi della filiera del business di questo settore. Su questo, il dialogo può essere con tutti.
Nelle prossime settimane si dovrà iniziare a disegnare il progetto di rilancio del vino italiano, che probabilmente dovrà muovere i primi passi in estate per entrare in autunno nella fase più forte di spinta. Cosa potrà fare Vinitaly per aiutare la scrittura di un progetto di rilancio condiviso con tutta la filiera e cosa vorrà mettere in campo Veronafiere per supportare la realizzazione di attività e iniziative di promozione e rilancio del nostro vino?
Il post emergenza per noi si chiama rinascita e per questo, contestualmente al posticipo della data di Vinitaly, il Consiglio di amministrazione di Veronafiere ha deciso un investimento straordinario proprio sugli eventi di settore all’estero. Ricordo infatti che tra i 40 eventi e iniziative che proponiamo lungo tutto l’arco dell’anno, sono programmati gli eventi internazionali Vinitaly Chengdu (17-20 maggio), Vinitaly China Road Show, Wine South America (23-25 settembre 2020), Vinitaly Russia (26 e 28 ottobre 2020), Vinitaly Hong Kong (5-7 novembre 2020), Wine To Asia (9-11 novembre 2020) e le iniziative della Vinitaly International Academy.
Vinitaly ha più di mezzo secolo di storia e di rapporti con le maggiori istituzioni economiche nazionali e internazionali: penso molto sinceramente che se il sistema del vino lo vuole utilizzare seriamente come leva per il proprio business, ne possa solo che ricavare un beneficio, anche in termini di comunicazione e visibilità.