PNS, autorizzazioni e competitività: la proposta del Comitè Vin tra flessibilità normativa e rilancio sui mercati. A partire dall’on-trade.
Brusca caduta delle vendite, mercato praticamente fermo, riduzione dei ricavi, difficoltà logistiche e carenze strutturali. L’industria europea degli alcolici sta soffrendo la morsa stringente del lockdown dovuto alla pandemia da Coronavirus. La malattia, comparsa per la prima volta a dicembre in Cina, nella città di Wuhan, poi giunta in Europa a gennaio con casi sporadici, si è rapidamente diffusa sul territorio italiano a febbraio per poi registrare un’esplosione dei contagi nel centro e nel nord Europa a marzo. In pochi mesi, gli effetti sull’economia determinati dalle misure di precauzione adottate a livello nazionale e internazionale appaiono devastanti.
Mercato fermo. Le misure eccezionali adottate dai governi per contenerne la diffusione hanno causato lo stop delle attività e dei mercati, compreso quello del vino europeo che vale il 63% dei volumi globali. L’industria riunita attorno al Ceev, che associa oltre 7 mila imprese, il 90% dell’export Ue per un valore di 8 miliardi di euro, ha provato ad analizzare le conseguenze dirette sul settore in un documento che sarà consegnato alla Commissione europea e che contiene una serie di proposte da attuare nel breve termine. L’analisi del Ceev impressiona per numeri e per trend che non si sono mai registrati nella storia del vino europeo. Per fare un solo esempio, la totale chiusura dell’on trade ha azzerato da un giorno all’altro un canale che vale un terzo delle vendite sui mercati italiano e francese e quasi la metà in quello spagnolo. “Considerando il parziale smantellamento del settore HoReCa – ha affermato il Presidente del CEEV Jean -Marie Barillère – l’impatto sul turismo e il possibile collasso di alcuni importatori e distributori di vino, dovremmo capire che ciò che stiamo affrontando non è una crisi a breve termine. Ci vorrà molto tempo e saranno necessari importanti investimenti per recuperare i mercati del vino”,
Produzione e logistica. Il comparto vino non compare nell’elenco delle attività non essenziali. Anzi, le aziende vitivinicole europee non hanno affatto interrotto le attività. È anche vero, però, che molti siti produttivi hanno ridotto l’operatività del personale ai minimi, sia perché hanno registrato dei casi di contagio e per la mancanza di dispositivi di protezione, sia per contenere i costi a fronte di un crollo delle vendite. La situazione più difficile è per le imprese che prevalentemente lavorano con una clientela del comparto horeca. Da un punto di vista logistico, il dimezzamento delle attività dei produttori di bottiglie di vetro ha determinato un -50% della disponibilità di bottiglie. E un discorso analogo si registra per i container. Inoltre, malattia, paura del contagio, quarantene imposte in alcuni Paesi hanno fatto mancare i camionisti. Dall’Asia, i container spediti nei mesi scorsi non sono tornati indietro e non sono disponibili. Si registra un sovraccarico dei porti e le piattaforme di distribuzione danno la precedenza ad altri prodotti. Una condizione che ha determinato un aumento dei trasporti internazionali tra il 30% e il 70%.
Vendite ed esportazioni. Metà del vino consumato nell’Unione europea arriva dallo stesso Stato membro e poco più di una bottiglia su dieci proviene da altri continenti. Di fatto, il fermo dei locali pubblici, ovvero del canale Horeca (che occupa in media il 30% del consumo in ambito europeo), ha chiuso uno sbocco fondamentale per il commercio del vino. Il canale off trade (supermercati) ha rivisto l’allestimento a scaffale togliendo spazio ai vini per dare la precedenza a prodotti di base e a quelli per l’igiene. Inoltre, le vendite online, pur essendo cresciute in volume dal 60% al 100% per le piattaforme più note, non riescono a compensare le perdite registrate nell’on trade.
Soffrono anche le esportazioni verso i Paesi extra Ue (22,6 milioni di ettolitri per 11,5 milioni di euro nel 2018). Ben sei operatori su dieci non hanno mantenuto il livello di vendite da quando nel gennaio scorso è scoppiata la crisi in Cina. Le misure di quarantena hanno, di fatto, determinato il crollo del commercio.
Impatti sui bilanci. L’analisi del Ceev guarda poi alle aziende e ai flussi di cassa, che rappresentano una delle principali preoccupazione per le aziende vitivinicole. Da un lato, infatti, si registra il crollo delle vendite e dall’altro si registrano richieste di pagamenti dilazionati da parte dei clienti. Il rischio di mancato pagamento, come sottolinea il Ceev, è molto alto a causa del fallimento di diversi partner lungo tutta la catena di commercializzazione. Nel medio termine, il Ceev prevede un impatto duraturo della crisi sanitaria sull’economia europea e globale. Per i consumatori il potere d’acquisto si ridurrà e, di conseguenza, la domanda globale di vino sarà minore e orientata ai prodotti meno cari. Per quanto riguarda il turismo, almeno fino all’estate prossima il calo delle presenze influirà negativamente sulla richiesta di vino nell’Ue, in particolare nei Paesi del sud dell’Europa. A una domanda inferiore seguirà un aumento delle scorte di vino, una sovrapproduzione che non sarà assorbita dal mercato e, pertanto, il rischio di un deprezzamento del vino.
Le richieste del Ceev all’Europa. Sono tre gli ambiti di intervento proposti dal Ceev alla Commissione europea nel campo vitivinicolo: misure immediate sui Pns, misure sulle autorizzazioni all’impianto e misure sulla competitività.
Pns. Le scadenze dei Piani nazionali di sostegno dovranno essere posticipate di un anno, ritardando quelle per l’esecuzione delle azioni già approvate. Le misure promozione verso i Paesi terzi e investimenti dovranno prevedere la sospensione delle penalità nei confronti di quelle imprese che, a causa della congiuntura economica negativa, non riusciranno a realizzare i progetti approvati e pianificati prima dell’epidemia globale. Di fatto, il Ceev chiede di considerare il Covid-19 come una causa di forza maggiore di portata planetaria e, pertanto, di finanziare comunque quei progetti anche nel caso non risulti realizzato, in fase di rendicontazione, il numero minimo di azioni previste dalla normativa. L’eliminazione dei ritardi nei pagamenti alle aziende da parte degli organismi pagatori è una condizione essenziale, secondo il Ceev, insieme al congelamento delle “risorse economiche non utilizzate nell’ambito dei programmi di sostegno nazionali per il vino per l’esercizio 2019/2020 al fine di renderle disponibili per gli Stati membri fino all’esercizio finanziario 2022 / 2023 per aiutare il settore a riprendersi. ” ha sottolineato il direttore generale del Ceev, Ignacio Sánchez Recarte.
Autorizzazioni. Flessibilità è la parola d’ordine in materia di autorizzazioni per i nuovi impianti viticoli. In particolare, il Ceev propone alla Commissione Ue di spostare di un anno in avanti la data di scadenza (oggi triennale) per l’uso di quelle autorizzazioni assegnate tra 2017 e 2020; inoltre, si chiede di non penalizzare quei produttori che, pur avendo ottenuto tale proroga, non riusciranno a rientrare nei tempi concessi per impiantare nuovi vigneti.
Competitività. Migliorare la competitività del settore con una forte azione promozionale nell’on-trade è il fronte più rilevate di azione contro la crisi. Diverse le azioni richieste a partire dagli FTA. “È fondamentale che il settore vitivinicolo recuperi in termini di esportazione e guadagni quote nei mercati chiave – si legge nel documento elaborato dal Ceev – l’UE dovrebbe compiere ogni sforzo per arrivare ad una rapida risoluzione della controversia commerciale con gli USA, mettendo fine ad ulteriori dazi doganali sui vini europei, avviare nuovi negoziati commerciali con paesi importanti per le nostre esportazioni e aumentare le risorse della Commissione per l’applicazione degli accordi di libero scambio esistenti, arrivando ad attivare l’attesissimo agente di controllo degli scambi”. Poi, viene chiesta la riduzione dell’IVA sul vino e la facilitazione delle vendite a distanza nei paesi dell’UE semplificando le modalità di assolvimento dell’accisa attraverso l’attivazione di un sistema di mini sportello unico (Moss). Tale proposta va di pari passo con una maggiore flessibilità nel Regolamento 1144/2014 riservato alla promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari nel mercato Ue. Secondo il Ceev, si dovranno autorizzare programmi che comprendano esclusivamente i vini mentre viene chiesto esplicitamente la possibilità di includere tra le attività finanziabili anche l’enoturismo. Infine, considerando l’importanza dei mercati nazionali nell’ambito vitivinicolo, si chiede all’Ue di autorizzare in via eccezionale le azioni di promozione Ocm (disciplinate dal Reg. 1308/2013) anche nel mercato intra europeo.
Distillazione.
L’ultimo punto del documento del Ceev è dedicato alla possibilità di una distillazione di crisi, attivabile su base volontaria ma solo se le altre misure non fossero sufficienti a riequilibrare il mercato. Una “distillazione di crisi limitata al 2020”, finanziata con risorse “diverse dai fondi dell’Unione assegnati agli Stati membri nel quadro dei PNS … prevedendo pagamenti a livelli di prezzo che non comportino perturbazioni del normale funzionamento del mercato vitivinicolo” per la produzione di un alcol “utilizzato esclusivamente a fini industriali o energetici, con una priorità speciale per la produzione di disinfettanti a base di alcol”.