Lo scorso 17 dicembre il Regno Unito e l’Australia hanno siglato un accordo di libero scambio (qui presentato per parte australiana e qui per parte UK) che entrerà in forza nel corso del 2022. Ci saranno effetti positivi sullo scambio di vino tra i due paesi? Probabilmente sì, ma la questione deve essere vagliata anche in relazione alla proposta di radicale riforma del sistema di tassazione degli alcolici presentata ad ottobre dal Cancelliere del Regno Unito, Rishi Sunak.
La riforma in fase di consultazione imporrebbe infatti per il vino una tassazione secondo il grado alcolico, così come già avviene per i superalcolici, con una conseguente crescita delle imposte per i prodotti più alcolici (come il vino rosso); al contrario sarebbero privilegiate le bevande alcoliche e i vini a bassa gradazione.
Secondo alcuni osservatori e secondo la stampa (citiamo qui da un servizio di James Lawrence pubblicato lo scorso 24 gennaio sulla rivista Harpers.co.uk) il vantaggio di 26 milioni di sterline derivante dal FTA sarebbe totalmente vanificato da 70 milioni di sterline di maggiori costi derivanti dalla revisione del sistema di tassazione.
Particolare attenzione alla questione è stata sollevata diverse associazioni di categoria britanniche, tra cui Wine Drinkers UK, impegnata da tempo in una battaglia per la riduzione della tassazione delle bevande alcoliche; nell’altro emisfero invece i timori circa l’inefficacia del FTA alla luce della proposta riforma giungono per voce dei produttori (Accolade e Treasury Wine Estate ad esempio) e della Australian Grape and Wine (AGW). Secondo Tony Battaglene, amministratore delegato di AGW, le spedizioni aussi wine rosso potrebbero essere particolarmente penalizzate: la stima è di un aumento dell’imposta di circa 40 pence per bottiglia di vino con gradazione media di 13,5% vol: una cifra non certo trascurabile, soprattutto se insistente su un vino venduto ad un prezzo medio di circa 5 sterline.
FEB