Meglio sullo spumante, mentre sui vini fermi le performance italiane impallidiscono nel confronto con i principali competitors. In Usa, il nostro zero a valore nel primo semestre si confronta con crescite a doppia cifra dei francesi e il +7% dei neozelandesi, mentre il resto dei fornitori va sott’acqua, con picco negativo degli australiani a -13%. Ma è in Canada che facciamo davvero male se messi allo specchio con gli altri: ancora zero, contro +20% dei neozelandesi, +10% dei francesi e +4% e +6% di spagnoli e australiani.
In Europa, le cose non migliorano: a Londra, il nostro -7% è speculare alla performance spagnola, ma anche qui dobbiamo fare i conti con i progressi robusti di Francia, Australia, Cile e Sudafrica. I Germania, dove i “nuovomondisti” sono meno aggressivi, siamo però surclassati dai francesi (+21% contro il nostro modestissimo +1%).
Capitolo Asia: in Giappone siamo accomunati alle sorti dei nostri cugini europei, con picco negativo per gli spagnoli a -14%, ma eccettuati gli australiani, le cose non vanno bene per nessuno, compresi i leader di mercato cileni (-11%). Sulla Cina, progrediamo del 7%, facendo meglio della Francia (in passivo clamoroso), ma impallidiamo di fronte al +53% degli australiani, che in classifica generale stanno al secondo posto.
Sulla spumantistica, l’unica piazza dove sottoperformiamo è il Canada, mentre si va a gonfie vele in Usa (qui lo Champagne lascia per strada il 9%), Belgio, Giappone e Germania. Rallentiamo in UK rispetto alle nostre consuete performance a doppia cifra, ma siamo sempre piazzati meglio dei francesi, mentre in forte progressione risultano i Cava. A livello generale, il 14% messo a segno dalle bollicine tricolori si confronta con un +9% degli spagnoli e un magrissimo 1% dello Champagne, dovuto in larga parte alla stasi registrata a Singapore, terza piazza di scambio per le Maison d’Oltralpe.
Il dettaglio dell’export primo semestre a cura dell’Osservatorio del Vino sul Corriere Vinicolo n. 29-2018