L’Osservatorio Paesi terzi di Business Strategies ha promosso una ricerca di mercato circa il posizionamento del made in Italy in Cina. L’indagine è stata condotta da Nomisma Wine Monitor e ha coinvolto un migliaio di consumatori residenti tra Pechino e Shanghai.
I risultati evidenziano che la promozione dei nostri prodotti nella terra della Grande Muraglia ha ancora davanti a sé una lunga strada da percorrere.
La metà degli intervistati non è stata in grado di associare all’Italia a un prodotto alimentare o a un brand italiano. Tra coloro che hanno invece indicato un prodotto o un marchio, il 31% ha citato la pasta, il 10% il brand Ferrero e il 4% il brand Illy. La pizza è stata citata dal solo 4% degli intervistati, e l’olio d’oliva dal 3%.
Più in generale la categoria “cibo” è associata all’Italia dal 25% degli intervistati; il nostro paese viene dopo il Giappone citato dal 37%, ma prima di Francia (15%) e Stati Uniti (14%).
Silvana Ballotta, Ceo di Business Strategies, ha commentato i risultati dell’indagine affermando che “L’equazione Italia-buona tavola è un’associazione che non può ancora essere data per scontata in Cina. A fronte di un mercato in crescita e di un primo trimestre record a +41,4% per il vino italiano, solo la metà dei consumatori dimostra di saper associare al nostro Paese almeno un prodotto enogastronomico. Questa mancanza, da un lato di conoscenza e dall’altro di promozione, si traduce in un deficit di comprensione sul fronte consumer e in una conseguente difficoltà di posizionamento per i nostri produttori, a vantaggio dei competitor”.
Solo 2 consumatori su 10 associano all’Italia la categoria “vino”, mentre 7 su 10 citano a questo proposito la Francia. Tra i vini italiani più conosciuti il Barolo (13%), l’Amarone (7%) e il Chianti (6%), seguiti però da risposte come “Piemonte”, “Docg”, “Italia”, “vino italiano”, “vino rosso” e “Toscana”; indicazioni queste che – secondo Business Strategies – evidenziano una sostanziale confusione culturale rispetto al nostro prodotto enologico.
FEB
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