Nel 2019 il commercio mondiale ha movimentato 9 milioni di ettolitri di vino spumante, con un aumento del 9% sul 2018 e di addirittura il 90% rispetto al dato di dieci anni fa.
In testa alla lista dei Paesi acquirenti, il terzetto Usa-UK-Germania, con il 40% del totale, seguiti da Belgio, Russia, Giappone, Francia, Svezia, Svizzera e Paesi Bassi, con quote comprese tra 5-3%. Il resto dei Paesi – 205 – detiene solo il 35% del traffico totale.
Un mercato, quello della spumantistica, fortemente dinamico ma molto concentrato, elemento di debolezza che riscontriamo anche sulla spumantistica italiana, che proprio nei tre principali mercati vede assommato il 57% delle proprie spedizioni, salite nel 2019 alla cifra record di 4.2 milioni di ettolitri, per un controvalore di 1,6 miliardi di euro (di cui 1,1 di solo Prosecco).
Parlando di Prosecco, i dati di vendita in Usa parlano di un altro anno straordinario: nell’off-premise monitorato da Nielsen (quindi supermercati e liquor store), le vendite sono balzate a 2,5 milioni di casse da 9 litri (+12%), per un fatturato di 395 milioni di dollari (+14%): oggi il Prosecco rappresenta oltre il 60% delle vendite di spumante italiano in Usa e un quinto del totale spumante (domestico + estero) veicolato nel Paese e consumato tra le mura domestiche.
La domanda che chiunque si pone oggi è se questo boom continuerà o se sarà intaccato dalla crisi scatenata dall’epidemia di Covid-19 e da quella economica che tutti oggi danno per certa. La risposta è difficilissima, quasi impossibile, però su alcuni dati e considerazioni possiamo ragionare:
- I consumi di spumante, più che quelli di vino fermo, sono legati a momenti e luoghi particolari: feste, celebrazioni, aperitivi, ristoranti, bar. Oggi bar e ristoranti sono chiusi, e per fare festa bisogna necessariamente aggregarsi. I due fattori chiave del successo delle bollicine (non solo in Italia, ma anche all’estero) sono venuti meno. Vero che l’off-trade sta macinando grandi volumi di vino, andando a parziale compensazione di quanto perso nell’on-trade: ma è lecito domandarsi se sia lo stesso tipo di vino (spumante o fermo?) e bevuto nelle stesse quantità (pranzo in famiglia contro cena con amici al ristorante). I dati della distribuzione moderna sembrano sottolineare questa divergenza: nelle ultime quattro settimane di marzo lo spumante ha calato fortemente la crescita, planando a +4% per quello di maggior consumo (secco Charmat, come Prosecco), ma andando in profondo rosso per metodo classico/Champagne e Charmat dolce (Asti).
- Questo per quanto riguarda l’Italia: ma all’estero possiamo prevedere che se e quando gli stessi meccanismi di lockdown scatteranno (o sono già scattati, vedi New York) gli effetti saranno probabilmente gli stessi. La concentrazione vista in precedenza non aiuta, anzi sembra essere un fattore azzoppante: essere sovraesposti su tre mercati, di cui due in profonda sofferenza per il Covid (Usa) e un altro (UK) che potrebbe seguire la stessa strada (lasciando da parte il dossier Brexit, anche se c’è pure lui ad attendere soluzione operativa), può essere un fattore critico decisivo.
C’è un cauto ottimismo oggi nella filiera spumantistica italiana. I dati di vendita di marzo, specie su alcuni mercati, come la Germania ma anche in parte Usa, possono però essere una falsa spia: lo stocking dei grandi distributori (Aldi, Lidl) per bypassare eventuali problemi di approvvigionamento causati dalla chiusura/contingentamento delle frontiere possono essere momentanea spiegazione a un trend di crescita che – nel prosieguo d’anno – potrebbe però subire drastici dietrofront.
Paolo Castelletti