Al National Wine and Grape Industry Center (NWGIC) dell’australiana Charles Sturt University (CSU), la ricercatrice Joanna Gambetta è impegnata in una ricerca tesa a individuare linee guida che siano utili a ridurre i danni di un’eccessiva esposizione dei grappoli alle radiazioni solari, danni che portano a calo della qualità delle uve ed anche quindi a problemi di redditività della produzione (qui il comunicato dell’università).
Il progetto afferisce al progetto Incubator di Wine Australia, che finanzia attività scientifiche nel settore vitivinicolo, mettendo in contatto il mondo della ricerca con la realtà locali di produzione (in particolare la ricerca qui citata interessa la regione del New South Wales).
Ogni anno – così ha dichiarato la ricercatrice – le “scottature solari” (in inglese sunburn) possono arrivare ad interessare il 15% degli acini nei grappoli, portando significative perdite sia di produzione che economiche. Sui grappoli maturi di Chardonnay, vitigno oggetto degli studi dottorali della dottoressa Gambetta, i sintomi del sunburn possono comparire entro cinque minuti dal raggiungimento di una temperatura superficiale dell’acino di 40-43° C. Gli effetti di tali scottature dipendono da fattori quali la varietà, lo stato di maturazione, lo stress idrico e la gestione della chioma. Proprio su quest’ultimo aspetto si focalizza buona parte dell’indagine, allo scopo di identificare i metodi e i momenti migliori per effettuare questa pratica agronomica, tenendo in considerazione gli effetti della maggiore esposizione dei grappoli al sole derivanti dal diradamento delle foglie. Un’altra linea di studio è tesa invece a determinare quanto l’altitudine possa influenzare il grado di sunburn.
FEB
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