Vinehealth Australia, ente finanziato dai viticoltori del South Australia, e attivo nel controllo, nella protezione e nella prevenzione delle malattie della vite e dei loro parassiti, propone di declinare al mondo vitivinicolo lo strumento oggi a tutti noto di “bolla di biosicurezza”, quello per intenderci che viene oggi adottato ad esempio in Itala nel mondo della scuola, dove gli edifici sono suddivisi in “bolle” di una o più classi, così da poter adottare misure di quarantena – in caso di riscontrata positività al Covid-19 di uno studente o di un insegnante – per i soli “abitanti” della bolla in cui è riscontrata la positività al virus.
In particolare – lo riporta l’agenzia Winetitles media – il suggerimento di Vinehealth Australia è quello di considerare un’azienda vitivinicola, comprendendo se del caso non solo le cantine ma anche i vigneti, parte di essi, o addirittura un’intera regione vinicola, come “bolle” in cui vengono adottate precise misure di pulizia e disinfezione degli spazi, dei macchinari, dei veicoli, dell’abbigliamento, delle calzature e dei vigneti, etc. Definiti i limiti della “bolla” si dovrà poi gestire in modo rigoroso la biosicurezza al suo interno, coinvolgendo e responsabilizzando tutte le persone che operano al suo interno, che siano dipendenti interni o fornitori e appaltatori esterni o visitatori (si pensi ad esempio alle aziende che offrono servizi eno-turistici). Alla base di questa strategia ci dovrà essere una precisa programmazione e la redazione di documenti in cui sono chiaramente definite le buone pratiche.
Questa strategia potrebbe infatti essere vincente, non solo in caso di epidemie sanitarie che coinvolgono le persone (come nel caso dell’attuale epidemia del Covid-19), ma anche per il contenimento e il controllo dei parassiti nei vigneti.
FEB