Un vigneto a ciclo continuo che produce reddito tutto l’anno. Non è fantascienza ma realtà. Lo ha dimostrato un giovane ingegnere veronese che ha svolto la sua testi di laurea in collaborazione con Cantina di Monteforte d’Alpone. La redditività del vigneto non termina quindi con la vendemmia ma prosegue con la trasformazione dei sarmenti, cioè gli scarti della potatura, a fini energetici. Questo è quanto ha sostenuto Alberto Soarin, con una tesi di laurea in ingegneria energetica dal titolo “Studio di fattibilità di due filiere per la valorizzazione energetica dei sarmenti di vite”.
Cantina di Monteforte, da sempre attenta alla valorizzazione dei giovani e sensibile alle tematiche ambientali, ha così “ospitato” il neo ingegnere nei mesi di ricerca fornendo tutti i dati e gli strumenti per realizzare lo studio. Grazie ad una macchina spezzettatrice i sarmenti vengono sollevati da terra con una coclea che li priva del terriccio e dei sassi, senza sfibrarli. In questo modo i sarmenti sono nello stato ottimale per l’essicazione naturale. Con una buona essicazione il residuo in cenere si aggira sul 3,5% del peso totale mentre in caso di fermentazione sale al 7 – 8%.
Nella fase successiva viene impiegato un raffinatore che trasforma i sarmenti secchi in trucioli e solo dopo questo procedimento si giunge alla vera e propria trasformazione in pellet: su una trafila forata vengono sistemati e pressati i trucioli che assumono la classica forma del pellet grazie alla lignina, una sorta di colla naturale che col calore e la pressione fuoriesce e addensa i trucioli. La percentuale d’acqua in questa fase deve essere inferiore al 15% altrimenti uscirebbe solo vapore. E’ a questo punto che l’azienda beneficerebbe del “pellet-fatto in casa”: una volta ottenuto infatti lo brucerebbe e l’energia prodotta verrebbe così utilizzata nei processi di raffreddamento, attraverso una macchina frigorifera ad assorbimento, con un forte risparmio di energia elettrica.
«Il residuo di potatura invernale – spiega Andrea Burato, agronomo di Cantina di Monteforte – viene in genere trinciato e lasciato in vigneto come concime. Questo sistema garantisce il ritorno di un quarto di sostanza organica, molto meno rispetto al sistema di recupero dei sarmenti, una volta a regime». Il progetto, che prevede un costo tra macchinari di raccolta ed impianto di pellettatura di circa 330.000 euro, è ammortizzabile in 4-5 anni senza incentivi.
«A pieno regime – sottolinea Gaetano Tobin, direttore di Cantina di Monteforte – il sistema potrebbe recuperare i sarmenti di circa 1300 ettari. In base ad una stima ogni ettaro potrebbe produrre circa 16,5 quintali di pellet. Parliamo quindi di 20.000 potenziali quintali di pellet che in termini energetici genererebbero quasi 10.000 megawatt. Sono numeri significativi che stiamo seriamente considerando soprattutto perché ci piace l’idea dell’azienda che produce e non spreca, nemmeno nel caso degli scarti di potatura».
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