L’Italia produce ogni anno rossi e bianchi nella stessa misura. Ma cosa esporta di più? Siamo andati a fare due conti, e i dati che emergono sono abbastanza interessanti. Innanzitutto il totale, che ricomprende vino fermo in bottiglia e sfuso, dice che dopo alcuni anni di supremazia dei vini rossi (e rosati), la forbice con i bianchi è andata riducendosi gradualmente a partire dal 2003, per poi chiudersi totalmente dopo il 2007/08. Nel 2013, infine, c’è stato addirittura il sorpasso.
Tra export in bottiglia e in cisterna, le cose però cambiano sensibilmente. Sul fronte sfuso, con la Germania che chiede grandi quantitativi di vini base spumante, il sorpasso dei bianchi è stato prodotto già nel 2005.
Sul fronte export vini in bottiglia, invece, la forbice torna ad allargarsi a favore dei rossi, anhe se negli ultimi due anni la tendenza alla riduzione volumetrica di questi ultimi ha consentito uno nuovo riavvicinamento dei bianchi, in trend stabile.
Restiamo sul fronte bottiglia, e andiamo a guardare la dinamica più interessante per gli operatori, ovvero quella valoriale. Qui i rossi tengono, anzi incamerano più valore rispetto ai bianchi, allargando sensibilmente la forbice.
La spiegazione la si ritrova nei prezzi medi di vendita, con i rossi passati nel giro di quattro anni da 3 a 4 euro al litro, mentre i bianchi nello stesso periodo hanno guadagnato esattamente la metà.
Il perché del maggiore incremento del prezzo dei rossi rispetto ai bianchi lo si ritrova nella diversa composizione dei mercati di destinazione. Quella dei rossi, a parte la Germania, vede in cima Usa, Svizzera e Canada, Paesi dal portafoglio più generoso rispetto a UK e Germania stessa, dove invece sono più sbilanciati i bianchi.
Devi essere connesso per inviare un commento.