La Cantina Antinori nel Chianti Classico è un luogo in cui il concetto di tempo si fa labile e si confonde, dove antico e contemporaneo si susseguono senza soluzione di continuità per testimoniare il legame profondo della famiglia Antinori, già dal 1385, con le arti: pittura, scultura, architettura, ma anche l’arte, non meno difficile e misteriosa, di saper trasformare i frutti della terra in grandi vini.
All’interno della Cantina, si trova Antinori Familiae Museum, che presenta una parte della collezione storica di Palazzo Antinori a Firenze unita a interventi site-specific di artisti internazionali del panorama contemporaneo, per disegnare la nuova cartografia del territorio, con l’idea di continuare la collezione della famiglia, carica di storia e di tradizione artistica, verso il contemporaneo.
Due grandi “Iconostasi” di Yona Friedman occupano – letteralmente riempiono – due cortili interni della Cantina Antinori nel Chianti Classico progettata dall’architetto Marco Casamonti dello studio fiorentino Archea. Queste opere sono allo stesso tempo sculture e architetture che si offrono libere per essere ‘abitate’, infinitamente mutabili, estensibili, trasformabili. E attendono l’opportunità di poter ospitare opere di altri artisti, azioni e performances, incontri, parole, per instaurare un dialogo continuo a cui sono chiamati a partecipare il paesaggio toscano, i luoghi
silenziosi e solenni della cantina e la storia secolare della famiglia fiorentina.
Diego Perrone e Patrick Tuttofuoco sono i due artisti che hanno accettato oggi di intervenire, installando le loro opere sia all’interno della Iconostasi , sia nello spazio del Museo, a contatto e in dialogo con i dipinti e le carte che ricostruiscono la storia della famiglia Antinori.
Patrick Tuttofuoco trasporta i neon variopinti dalle insegne luminose della metropoli nelle sale del museo, suggerendo un’evidente affinità tra i cerchi metallici che costituiscono il vocabolario elementare delle Iconostasi di Friedman e gli anelli che ne colorano gli spazi. A queste tematiche metropolitane, Tuttofuoco ha anche associato una riflessione che ha come protagonista una delle “figure” più controverse e articolate
del pensiero moderno: la maschera. Maschere in polistirolo che svelano solo parzialmente le fisionomie dei volti: in parte festose come per rievocare atmosfere carnevalesche, ma anche insinuanti per quello che ci nascondono sui loro protagonisti e sulle ragioni che ne celano l’identità. I busti classici diventano sculture d’aria, sostenute da sottili piedistalli, che spingono la figura verso l’astrazione.
Nel suo lavoro Fantasmi, i cui nomi richiamano illustri antenati, drappi di stoffa, in parte provenienti da Palazzo Antinori, nascondono interamente non solo i volti ma l’intero corpo, come un abito misterioso, ma anche come una scultura modellata con i drappeggi morbidi e mutevoli del tessuto.
Nelle opere di Diego Perrone è riconoscibile la traccia di antichi mestieri e riferimenti alla ritrattistica classica. Le sculture giocano su continui rimandi, attraversando vari livelli di lettura, permettendo diverse percezioni delle opere in relazione a quelle provenienti dalla collezione di famiglia, primo tra tutti Della Robbia. L’interesse principale di Diego Perrone è sulla figura cruciale ed enigmatica della metamorfosi.
Nell’orecchio esposto nelle sale del Museo Antinori, la scultura comprende al tempo stesso la forma del padiglione auricolare e il suo interno, il vuoto della sua labirintica cavità, che assume le forme paradossali di un becco minacciosamente spalancato.
Il mondo di Perrone è popolato da queste ambivalenti figure: di teste di donna trasformate in uccelli alati, di farfalle fantastiche le cui ali spalancate erano originariamente lingue infuocate e fiammeggianti; di storie sorprendenti, bizzarre e anche spaventose che sembrano risalire dalla profondità della terra, dagli strati più remoti della memoria.
La mostra, a cura di Marco de Michelis, sarà aperta fino al 30 aprile 2014.
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