La situazione della filiera vitivinicola argentina non è oggi delle migliori. Già qualche mese fa avevamo parlato (si veda qui) di uno studio della Fundación IDEAL i cui dati indicano che, in un anno (maggio 2013 – maggio 2014), a fronte di un aumento del 36% dei costi di gestione della manodopera agricola prezzi delle uve sono rimasti sostanzialmente invariati.
La scarsa redditività dei vigneti ha dunque fatto crescere da un lato in modo significativo il numero delle aziende in vendita (+30%) e dei vigneti abbandonati (o per lo meno in stand by produttivo), e diminuire gli investimenti da parte di chi ha deciso di continuare a produrre uva e vino. Diminuzione degli investimenti che non solo colpisce i piani aziendali di lungo termine ma anche le lavorazioni stagionali più comuni, quali la potatura o il ricambio delle piante non produttive o vecchie.
La crescita del numero delle aziende in vendita sembra essere dunque strettamente legata ai prezzi, bassi, delle uve. Ecco alcuni dati in merito provenienti da una ricerca dell’Observatorio Vitivinícola Argentino. In cinque anni, tra 2010 e 2014, il prezzo dell’uva di varietà Malbec è cresciuto del solo 25%, passando da 342 a 429 dollari a quintale (dati per la provincia di Mendoza). Restringendo il calcolo alle campagne 2013 e 2014 si è passati da 390 a 429 dollari per quintale, e quindi un +10%.
Per altre varietà particolarmente importanti l’aumento di prezzo è stato ancora minore e certamente inferiore all’inflazione registrata. Il prezzo di un quintale di uva Bonarda è cresciuto in cinque anni del 19,4%, passando da 174 a 200 dollari, mentre tra 2013 e 2014 l’aumento è stato dell’11%.
FEB
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