Il sughero è sempre il sughero. Anche se abbiamo assistito a una fase in cui i tappi a vite hanno parzialmente soppiantato quelli di sughero, soprattutto in alcuni mercati come gli Stati Uniti, è proprio dagli Usa che arrivano testimonianze di importanti aziende vinicole che il sughero non l’hanno mai abbandonato e di altre che ci stanno ritornando. È quanto si legge nell’approfondito articolo di Jane Firstenfeld che Il Corriere Vinicolo pubblica grazie alla collaborazione con Wines and Vines, la più prestigiosa rivista dell’industria vitivinicola americana.
NakedWines è un’azienda californiana di crowd funding che oggi vende 400 mila casse di vino all’anno: partita nel 2008 solo con vini con tappi a vite, dai clienti ha avuto un feedback inequivocabile: “molti consumatori odiano il tappo a vite”, afferma Ryan O’Connell, uno dei fondatori. “Anche quando a un cliente piace il tappo a vite, per fare regali o per una festa sceglierà comunque bottiglie con tappo di sughero”. Oltre ai consumatori, anche molti dei suoi produttori preferiscono i tappi tradizionali e così l’azienda ha fatto una virata e oggi sta sperimentando diverse qualità di sughero per trovare quella ideale per i propri clienti.
Cambio di rotta anche per aziende con una storia più lunga, come St. Francis Winery and Vineyards, nata nel 1971, famosa per i suoi vini rossi, che oggi produce circa 250 mila casse di vino all’anno. “Stiamo ritornando alle origini su molti fronti”, dichiara Christopher Silva, presidente e amministratore delegato. La percezione di qualità che dà il sughero è impareggiabile, racconta. La linea St. Francis Reserve, lanciata di recente, così come altre etichette tradizionali del marchio, sono chiuse solo con tappi di sughero. Spiega ancora Silva: “Anche i nostri vini della serie Artigiano, che vendiamo esclusivamente ai visitatori delle nostre sale degustazione e ai membri del nostro wine club, sono tutti sigillati con tappi di sughero”. La St. Francis aveva smesso di usare il sughero nel 1993, per il problema della contaminazione da Tca (sapore di tappo), ma oggi questi tappi vengono prodotti con maggiore controllo, dunque sono più efficaci. Sono inoltre facili da estrarre e hanno un aspetto raffinato, tre motivi per cui un’azienda di questo livello è tornata al sughero, oltre che per l’aspetto della sostenibilità ambientale, dato che il sughero è biodegradabile e riciclabile.
Stesso retro front per la californiana Shannon Ridge, 75 mila casse di vino prodotte all’anno, entrata nel mercato nazionale otto anni fa solo con tappi a vite, che garantivano l’integrità di un prodotto che, all’epoca, era poco, se non per nulla, invecchiato. Poi l’azienda ha scelto di imboccare la strada della tradizione e della sostenibilità, fattore determinante per tornare al sughero. “Non abbiamo niente contro gli altri tipi di tappo”, spiega Chris Baker, direttore operativo. “Cambiare in favore del sughero era in linea con il nostro percorso di sostenibilità. Abbiamo educato i consumatori sul processo produttivo a partire dalla pianta; molti credevano che gli alberi venissero tagliati, invece il sughero viene prelevato in modo responsabile e sostenibile”. I tappi a vite in alluminio usano invece la bauxite, estratta da miniere a cielo aperto, non certo un toccasana per l’ambiente, con un processo di produzione che consuma molta energia.
Alcuni tornano al sughero, dunque, ma altri non se ne sono mai allontanati. È il caso di Jordan Vineyard & Winery, cantina californiana di Healdsburg, che usa tappi di sughero da quando ha imbottigliato la sua prima annata – 1976 – nel 1978. “Dal momento che almeno il 75% delle nostre vendite è indirizzato ai ristoranti, la percezione è fondamentale: l’atto di togliere il tappo è un altro elemento importante.
Rimuovere un tappo sintetico è molto più impegnativo”, spiega l’enologo della cantina Rob Davis. La Jordan ha provato anche i tappi a vite, ma “La nostra ricerca ha dimostrato che il tappo a vite compromette il ciclo di invecchiamento dei nostri vini in bottiglia”. Affermazioni che derivano dalle ricerche effettuate nel laboratorio interno della Jordan, che sottopone a un’approfondita analisi ogni campione di tappi di sughero prima di acquistarli, anche con prove in ammollo: se riscontra più del 2% di bicchieri che sanno di stantio o di tappo, la Jordan rifiuta la partita di tappi.
Nell’articolo pubblicato su Il Corriere Vinicolo n. 29/2015 ogni azienda citata descrive nel dettaglio la scelta e i costi dei propri tappi di sughero. Si parla inoltre dell’impegno dell’industria del sughero nel realizzare prodotti più sicuri e dei tappi di sughero più innovativi, da quelli tecnici, che garantiscono un invecchiamento sicuro per 30 anni, a quelli che si avvitano su apposite bottiglie di vetro. E delle tecniche di stampa, anch’esse sempre più raffinate.
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