La Vernaccia di San Gimignano è tra i vini italiani con più storia alle spalle. Conosciuta e attestata fin dal Medioevo, già all’epoca era considerata tra i vini più importanti della Toscana. Cinquant’anni fa, il 6 maggio del 1966, per primo in Italia ottenne il riconoscimento della Doc. Oggi la Vernaccia è considerata un vitigno raro, visto che viene coltivato solo ed esclusivamente all’interno del territorio del comune di San Gimignano. Eppure, nonostante la tanta storia alle spalle, questo vino appare ancora alla ricerca di una propria forte identità. Il Consorzio negli ultimi decenni ha fatto molto e le tante degustazioni comparative con altri vitigni bianchi rari del mondo hanno non poco aiutato i produttori nella ricerca di una propria strada. Tra gli operatori del settore, i giornalisti e gli esperti, è ormai un dato acquisito il fatto che la Vernaccia sia un vitigno capace di dare risultati importanti e di dare vita a vini dal lungo invecchiamento capaci di esprimersi negli anni. Niente dunque da invidiare agli Chablis, per esempio, e pur tuttavia al momento attuale il 95% della Vernaccia prodotta e commercializzata appartiene alla tipologia annata, lasciando ben poco spazio alla riserva. Il 60% della Vernaccia prodotta ogni anno è in mano a cooperative e commercianti, mentre il 40% è quella che deriva dai produttori viticoltori. Questo dato tuttavia non è sempre lo stesso di anno in anno, e può subire oscillazioni di circa il 5%. La produzione globale si aggira sui 5,3 milioni di bottiglie all’anno per un giro d’affari intorno ai 16,5 milioni di euro. Il 52% della produzione parte per l’estero (Usa, Germania, Svizzera, Inghilterra, Olanda e Belgio). Il mercato italiano ha una percentuale importante (34%) di venduto in loco, sia direttamente in azienda che nei ristoranti e nei negozi di San Gimignano.
I produttori, sia essi vitivinicoltori che non, mostrano un certo ottimismo sul futuro di questo vino, anche perché i dati relativi ai primi tre mesi del 2016 sono in crescita anche grazie all’ottima annata 2015. Letizia Cesani dice anche che lo scorso Vinitaly ha visto molti nuovi operatori, sopratutto stranieri, entrare nello stand del Consorzio. Ma quale sarà la Vernaccia del futuro? Secondo Andrea Cecchi, la Vernaccia deve diventare sempre più un vino da tutto pasto e al contempo rafforzare il suo profilo di vino tipico proveniente da un determinato territorio. In altre parole, la Vernaccia deve sempre più distinguersi in modo da fidelizzare il consumatore. I Cecchi hanno un grande progetto per San Gimignano e la prossima estate inizierà la costruzione della nuova cantina, a dimostrazione che l’azienda guarda a questo territorio con molta attenzione. Alberto Bramini, enologo di Terruzzi & Puthod, è convinto che la Vernaccia debba essere un vino fresco e giovane e non a caso la cantina è una delle maggiori produttrici di Vernaccia annata (circa 500.000 bottiglie l’anno). Michael Falchini di Casale Falchini invece produce soprattutto riserva e sia lui che il fratello Christopher sono convinti che la Vernaccia debba diventare per i vini bianchi quello che il Brunello rappresenta per i rossi.
Nessuno mette in discussione l’appeal che la Vernaccia Riserva ha per i consumatori evoluti e per la stampa specializzata e la sua capacità di attirare attenzione sulla denominazione in generale, ma sembra che per il futuro i più intendano puntare soprattutto sulla tipologia annata.
Per questo compleanno dei cinquan’anni della denominazione, il Consorzio ha organizzato un grande convegno nel Teatro degli Leggieri di San Gimignano coordinato dal giornalista Rai Pietro di Lazzaro al quale hanno preso parte Riccardo Ricci Curbastro, Riccardo Cotarella, l’assessore Marco Remaschi, il professor Michele Antonio Fino dell’Università di Pollenzo e il professor Alberto Mattiacci della Sapienza. Il presidente del Consorzio Letizia Cesani e il sindaco di San Gimignano Giacomo Bassi hanno introdotto i lavori, mentre il ministro Maurizio Martina ha mandato un messaggio di augurio e di congratulazioni a tutti i produttori. Un saluto è stato portato anche dall’onorevole Luca Sani presidente della Commissione Agricoltura. Con grande attenzione è stata seguito la ricerca condotta dal professor Mattiacci, ordinario di Economia e Gestione delle Imprese. Secondo la ricerca, la Vernaccia appare percepita come il più nobile tra i bianchi del centro Italia e come una denominazione dalla forte identità. Nella GDO la Vernaccia appare in crescita di vendite, e i suoi acquirenti appartengono al mondo della middle class che la scelgono perché vino “di piacere”. Insomma, la Vernaccia è già oggi percepita come un vino di nicchia dalla forte impronta territoriale. “Un vino non per tutti ma per molti”, la definisce Mattiacci che raccomanda ai produttori azioni di marketing interno per rendere sempre più consapevole il territorio della forza di questa denominazione e di marketing esterno rivolto soprattutto ai mercati esteri, viste le persistenti difficoltà strutturali del nostro paese.
Insomma, sembra che il futuro della Vernaccia si preannunci buono e con ampie prospettive. Certo che dopo aver assistito a confronti con vini bianchi importanti e dal lungo invecchiamento, un po’ dispiace che questa tipologia di Vernaccia resti così minoritaria rispetto a quella fresca di annata. Il fatto che la Vernaccia sia in grado di esprimere grandi complessità negli anni fa parte integrante della sua tipicità, e visto che comunque è destinata – per questioni numeriche – a restare un vino di nicchia, forse la strada indicata dalla Riserva non dovrebbe essere relegata a un piccolo 5%.
Patrizia Cantini
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