Tre bottiglie su dieci di tutti i vini italiani importati negli Stati Uniti sono a bassa gradazione alcolica, ma l’80% del valore delle vendite rimane negli States tramite grandi gruppi capaci di gestire i brand più famosi e affermati. Un mercato “frenato” dalla mancanza di una normativa che consenta di dealcolizzare nel nostro Paese, ma anche da frammentazione e, non ultimo, da una certa resistenza culturale. Questione questa su cui, già nelle scorse settimane, è arrivata la denuncia dell’Unione Italiana Vini che – per voce del suo segretario generale Paolo Castelletti – ha dichiarato l’urgenza di un intervento normativo, evidenziando il grande squilibrio tra la quantità di prodotti vitivinicoli Italiani sugli scaffali della GDO statunitense e quanto di queste vendite, invece arrivi nelle casse tricolori (si veda qui in proposito il recente comunicato stampa di UIV).
Su Il Corriere Vinicolo 6/2024 del 19 febbraio, sono state raccolte in proposito anche le voci dei produttori, in una serie di interviste a cura di Giulio Somma e Fabio Ciarla. Alle domande del settimanale di UIV hanno risposto Pia Bosca, Ceo Bosca; Enrico Zanoni, Direttore generale Cavit Cantina Viticoltori Trento; Enrico Viglierchio, Amministratore delegato Banfi; Corrado Casoli, Presidente Cantine Riunite & Civ; Daniele Simoni, Amministratore delegato Schenk Italian Wineries; Alessio Savio, Consigliere delegato e direttore tecnico Mionetto e Stefano Ricagno, vicepresidente senior Consorzio dell’Asti Spumante e del Moscato d’Asti Docv.
Sullo stesso numero de Il Corriere Vinicolo, in un servizio di Carlo Flamini, l’analisi dell’Osservatorio del Vino di UIV (su dati NielsenIQ) del mercato statunitense dei vini low-alcol: primato italiano ma “business” (soprattutto) americano. L’Italia è, infatti, regina assoluta del segmento con il 74% di incidenza in termini di volume sul totale dei vini fermi, sfiorando addirittura il monopolio negli sparkling con l’85% in volume e il 90% in valore. Numeri importanti dunque…sebbene l’80% del fatturato sia appannaggio dei grandi operatori nordamericani.