Tutelare la sicurezza dei soggetti allergici ma contemporaneamente non penalizzare, attraverso un’etichettatura che potrebbe rappresentare un deterrente all’acquisto, quei vini che effettivamente non comportano rischi per la salute del consumatore. Soprattutto perche la possibilità di effettuare controlli che garantiscano tale condizione esistono e rappresentano quindi un’opportunità per le cantine. Sono stati questi i confini entro qui si è mosso l’incontro organizzato dal Mipaaf a Vinitaly in cui si è fatto il punto sugli aspetti pratici per l’uso e il controllo di processi di chiarifica che prevedono l’impiego di proteine allergeniche del latte e dell’uovo. In primo piano i risultati del progetto Vinall che si è proposto di verificare se e in che termini vini chiarificati con proteine allergeniche, quindi latte e uovo, lascino residui nel prodotto finito tali da rappresentare un rischio per il consumatore allergico.
Dal 1° luglio infatti è entrato in vigore il Regolamento europeo CE579/2012 relativo all’etichettatura dei vini trattati con prodotti potenzialmente allergenici, sarà pertanto obbligatorio etichettare i vini prodotti dalla vendemmia 2012 con la dicitura prevista per gli allergeni, ossia attraverso “pittogrammi” che indichino la presenza di latte e suoi derivati e dell’uovo e suoi derivati. Sarà obbligatorio a meno che i residui di tali prodotti non si attestino al di sotto di una specifica soglia, come stabilito dal Regolamento stesso. La presenza delle sostanze allergeniche deve essere rilevata con il metodo analitico ELISA autorizzato dall’Oiv, che fissa per l’uovo e derivati e per il latte e derivati, il limite di rilevabilità a un valore inferiore a 0,25 mg/l.
Sicurezza in primo piano
La tutela e la sicurezza dei soggetti allergici è e deve rimanere una priorità, e la posizione del ministero della Salute in merito è inequivocabile: “l’indicazione degli ingredienti allergenici diventa obbligatoria anche nei prodotti alimentari non preimballati”. “Non di rado però vengono fatte diagnosi di allergia con metodiche non validate e che creano discrepanza tra gli alimenti che generalmente vengono riferiti come frequentemente responsabili dell’allergia alimentare e la realtà effettiva”, ha detto Roberto Copparoni del ministero della Salute e ha posto l’accento sulle azioni future del ministero volte a creare “una rete nazionale di raccolta dati sulle reazioni allergiche, verificare l’utilizzo di metodiche non validate per la diagnosi, individuare le dosi–soglia per gli allergeni più comuni”.
Lo studio Vinall
Premesso questo, i risultati del progetto Vinall – come si diceva – consentono ai nostri produttori di essere piuttosto sereni riguardo il prodotto vino – elaborato con corrette pratiche enologiche – e le eventuali implicazioni allergeniche. Lo studio, finanziato dal Mipaaf e che ha preso in considerazione vini bianchi e rossi provenienti da Italia, Francia, Spagna, Australia e Nuova Zelanda, attesta che “tutti i vini analizzati nel corso del progetto sono risultati privi di residui allergenici” come spiega Patrizia Restani del dipartimento di Scienze farmacologiche e biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano. “Inoltre – continua Restani – il numero degli adulti allergici a caseina e albumina non consente di raggiungere una significatività statistica, ancora di più, l’allergia al lisozima è rarissima e la sensibilizzazione avviene per lo più per via inalatoria in ambiente lavorativo. Senza contare che l’impatto dei pittogrammi o dei termini riguardanti gli allergeni in etichetta fanno da deterrente all’acquisto da parte dei numerosi consumatori non ancora consci del fatto che tali sostanze siano oramai di routine per la chiarifica del vino”. In pratica mentre per gli altri prodotti alimentari viene tollerata anche la presenza di latte e uova, per il vino, inconsciamente, non si ammettono altri ingredienti oltre all’uva.
Caseina, albumina e lisozima
Le caseine e l’albumina sono attualmente le sostanze più utilizzate per prevenire e curare l’ossidazione, “la prima interviene soprattutto su gusto e colore dei vini bianchi per contrastare fenomeni di ossidazione, la seconda invece viene usata principalmente nel collaggio dei vini rossi da invecchiamento – ha spiegato Roberta Danzi di UIV -.Queste sostanze – prosegue – insieme alla lisozima (enzima derivato dall’uovo, con effetto battericida usato per il controllo della fermentazione malolattica) sono tutti prodotti enologici usati da anni in cantina perché consentono operazioni fondamentali a costi ridotti, inoltre, una volta fatto il loro dovere, vengono resi innocui per i soggetti allergici da adeguati processi di flocculazione (il sedimentarsi della parte solida nel liquido), centrifugazione e filtrazione”. Insomma, mettendo in atto corrette pratiche enologiche – e in merito l’Oiv, come ha anticipato Jean-Claude Ruf, sta lavorando alla pubblicazione di Linee Guida – caseina e albumina non residuano o i casi in cui residuano sono comunque marginali, come ha illustrato Danzi attraverso la presentazione di una casistica di campioni analizzati dal Laboratorio Uiv con residui di allergeni(1 su 856 per la caseina, 19 su 794 per l’albumina): a maggior ragione è quindi importante certificare con gli opportuni controlli questa condizione. Ancor più importante il controllo in caso di utilizzo di lisozima che, per diverse caratteristiche chimico-fisiche, residua invece più frequentemente.
Metodo ELISA
Come si diceva, l’Oiv raccomanda l’utilizzo di metodi analitici ELISA, una tecnica che sfrutta la specificità di reazione fra allergene e anticorpo, questo legame viene quantizzato mediante reazione colorimetrica poi valutata mediante lettore di micro piastre. E, in quest’ambito, dopo una’approfondita sperimentazione che ha visto la collaborazione tra l’azienda Dal Cin Spa, Euroclone, UIV e Università di Milano, sono stati realizzati appositi kit ELISA, in grado di individuare la presenza di residui allergenici ben al di sotto la soglia consentita dall’OIV. Attualmente i kit ELISA sono gli unici specifici per la matrice vino e con documento di validazione adeguato ai limiti analitici richiesti dall’OIV, ovvero limiti di rivelabilità (LOD) : ≤ 0,25 mg/l e limite di quantificazione (LOQ): ≤ 0,50 mg/l.
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