La viticoltura toscana affonda le sue radici in una tradizione plurisecolare e in una ricchezza varietale che, oltre a rappresentare una importante fonte di biodiversità, ha dato origine nel tempo a diversi casi di sinonimia. Capita anche di riscontrare casi di omonimia, meno frequenti, ma più complessi da districare, come risulta evidente dai risultati della ricerca* sul Canaiolo bianco realizzata dall’Unità di ricerca per la viticoltura di Arezzo in collaborazione con il Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano (Tv).
L’analisi sul Dna
Nella seconda metà del secolo scorso l’evoluzione del comparto viticolo ha portato a una notevole erosione del patrimonio varietale con la conseguente perdita di germoplasma. Per contenere i danni, sono stati attivati vari programmi di recupero e conservazione dei vitigni minori e proprio nell’ambito di queste ricerche ci si è resi conto che, nonostante il Canaiolo bianco sia un antico vitigno locale, sulla sua esatta identità – incredibilmente – c’è poca chiarezza. Infatti, una prima serie di osservazioni sulla morfologia di alcune accessioni comunemente denominate Canaiolo bianco aveva rivelato differenze macroscopiche. È stato allora impostato un lavoro di approfondimento, che ha messo a confronto dieci accessioni omonime reperite in vecchi vigneti della Toscana. Il primo passo è stato eseguire le analisi del Dna, sulla base delle quali sono stati individuati ben sei genotipi. Dal confronto dei sei profili molecolari con il database del Centro di ricerca per la viticoltura di Conegliano è emerso che si trattava di Vernaccia di San Gimignano (4 casi), Zuccaccio (2 casi), Chasselas dorato (1 caso), Drupeggio (1 caso), mentre i due rimanenti, uno diverso dall’altro, non sono stati identificati.
Sembrava Vernaccia…
Qual è, allora, il vero Canaiolo bianco, descritto dal Gallesio e rappresentato dal pittore mediceo Bartolomeo Bimbi nell’antico e prezioso quadro settecentesco? Esaminati nel dettaglio tutti i particolari storici e descrittivi che è stato possibile recuperare dalle fonti disponibili e cercando di ricostruire il puzzle delle informazioni ottenute, si è giunti alla conclusione che il Canaiolo bianco non è affatto un sinonimo della Vernaccia di San Gimignano, come si è cominciato ad affermare da qualche tempo a questa parte, ma molto più probabilmente corrisponde al Drupeggio. Quali sono le indicazioni che hanno guidato i ricercatori in questa direzione? Si sapeva da alcune fonti del 1800 che il Canaiolo bianco coltivato nelle province di Firenze e Siena era denominato Vernaccia, Uva rossa o Uva rosa. Da qui può essere iniziata la confusione tra il Canaiolo bianco e la Vernaccia di San Gimignano, che si è mantenuta ed è stata successivamente formalizzata nelle schede ampelografiche italiane: infatti, analizzando queste ultime emerge chiaramente che le descrizioni del Canaiolo bianco e della Vernaccia di San Gimignano sono ascrivibili al medesimo vitigno, ma si tratta probabilmente di un equivoco e la Vernaccia di San Gimignano sembra proprio un’altra varietà. Rileggendo le descrizioni più antiche, Gallesio annota che il Canaiolo bianco si distingue da altre uve bianche per l’elevata tomentosità della pagina inferiore della foglia, che invece è modesta nella Vernaccia di San Gimignano. I nomi di Uva rossa o Uva rosa molto probabilmente si rifanno alle sfumature rosate sulla buccia dell’uva a maturazione, che invece, nella Vernaccia di San Gimignano rimane generalmente verde-gialla.
… invece è Drupeggio
D’altra parte, vari autori indicano la Promaticcia e l’Uva vecchia come sinonimi del Canaiolo bianco e la loro descrizione ampelografica coincide con quella del Drupeggio. Il Drupeggio, inoltre, presenta sfumature rosate sulla buccia e la pagina inferiore della foglia molto tomentosa. Si affaccia quindi un’ipotesi più convincente: il vero Canaiolo bianco va molto probabilmente ricollegato al Drupeggio e non è casuale che questo vitigno sia l’unico sinonimo del Canaiolo bianco riconosciuto nel Registro italiano delle varietà di vite; inoltre, il recentissimo clone Canaiolo bianco ARSIAL-CRA 402 ha il profilo molecolare del Drupeggio. Si ipotizza pertanto che il Canaiolo bianco in Toscana abbia perso la propria identità originaria nel corso del tempo, sia perché confuso con la Vernaccia di San Gimignano, sia perché progressivamente meno coltivato, sebbene piuttosto diffuso. Quindi non solo ha assunto localmente molti nomi differenti, ma ha finito per diventare un nome generico assegnato a una molteplicità di varietà diverse, che condividono alcune caratteristiche morfo-fisiologiche, soprattutto dell’acino, di dimensioni medio-grandi con polpa poco consistente e sapore neutro.
*NOTA
I dettagli di questa ricerca sono riportati in un lavoro recentemente pubblicato sulla rivista Vitis[1]
Antico vitigno della tradizione toscana Il Canaiolo bianco fa parte della tradizione viticola toscana, ma attualmente occupa una superficie complessiva inferiore a 4,00 ha e non risulta propagato dai vivaisti da almeno un decennio. Il Canaiolo bianco compare come vitigno fondamentale, insieme alla Malvasia bianca lunga e al Trebbiano toscano, nei disciplinari Docg Carmignano Rosso e Rosato, nella Doc Bianco Reale di Carmignano e nella Doc Bianco della Valdinievole. I cloni iscritti al Catalogo nazionale delle varietà di vite sono solo due: l’USPIFI SCA 27 nel 1987, successivamente eliminato, e il recentissimo Canaiolo bianco ARSIAL-CRA 402.
[1] Storchi P., Armanni A., Randellini L., Giannetto S., Meneghetti S., Crespan M. (2011). Investigations on the identity of ‘Canaiolo bianco’ and other white grape varieties of central Italy. Vitis 50 (2): 59-64.
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