È stata ancora una riunione interlocutoria, senza alcuna decisione, quella che l’High Level Group ha tenuto a Palermo nei giorni scorsi per trovare una strada, alternativa e convincente, alla liberalizzazione degli impianti viticoli che dovrebbe entrare in vigore con il 2015.
La Commissione consultiva, voluta dal Commissario dell’Agricoltura Dacian Ciolos, ha tenuto la sua terza riunione e ne prevede una quarta, che dovrebbe essere quella definitiva e che potrebbe svolgersi nel prossimo mese di novembre.
La posta in palio è fondamentale per lo sviluppo futuro della vitivinicoltura europea, in particolare quella impegnata nel produrre i vini di qualità e di origine.
I grandi paesi produttori, Francia e Italia in testa, sono convinti che la liberalizzazione potrebbe creare grandi problemi ai vini più prestigiosi e perciò nei confronti di questa apertura agli impianti senza condizioni la loro contrarietà è unanime.
Dove, invece, continuano a esserci dei distinguo è sul cosa proporre in alternativa alla liberalizzazione.
Sul tappeto, al momento, ci sono due ipotesi: la prima, caldeggiata da undici importanti paesi europei (Italia, Francia, Germania, Austria, Portogallo, Spagna, Grecia, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria), propone di continuare con l’attuale blocco, alleggerendolo con una maggiore flessibilità, ispirandolo al principio di sussidiarietà tra gli Stati membri e applicandolo a tutti i segmenti produttivi, DOP, IGP e Vini senza Indicazioni Geografiche (i vini da vitigno e i vecchi vini da tavola).
La seconda ipotesi, più possibilista e sviluppata dalla Commissione, si ispira al meccanismo della liberalizzazione, mitigato da una serie di elementi di controllo e di limitazione, con il coinvolgimento di organismi come le Associazioni dei Produttori e i Consorzi di Tutela, con la responsabilità complessiva in capo agli Stati membri.
Interpellato sull’argomento, Lamberto Vallarino Gancia, che ha partecipato alla riunione di Palermo, è stato esplicito: “Noi propendiamo per la prima soluzione, vale a dire quella che prevede la continuazione del blocco degli impianti con un po’ di flessibilità, perché temiamo la eccessiva permissività della liberalizzazione per i vini diversi dai Vqprd, vale a dire i cosiddetti “vini di vitigno” e quelli che un tempo erano chiamati “vini da tavola”. In questi casi, la mancanza di regole e soprattutto l’assenza di una filiera organizzata o di organismi incaricati di gestirne lo sviluppo come i Consorzi di Tutela potrebbero dare luogo alla realizzazione indiscriminata di vigneti, che finirebbero per creare nuovi problemi di eccedenza.”
Però, questa è un’empasse dalla quale in qualche modo bisognerà in fretta venire fuori.
“Senza dubbio – ci conferma Lamberto Gancia – ma crediamo che la scelta che sarà effettuata debba essere credibile, perché ci potrebbe permettere di raggiungere due obiettivi importanti: da un lato stabilire delle norme uniformi per tutti i paesi dell’Unione, anche laddove non ci sono regole stringenti come in Italia e Francia; dall’altro, costituire delle regole di base per gli impianti di quei vini senza regole, che in presenza di una liberalizzazione totale potrebbero diventare delle mine impazzite.”
Dal punto di vista procedurale, appena questo “Gruppo di Alto Livello” avrà espresso la sua posizione, Dacian Ciolos potrà avanzare alla Commissione UE la proposta definitiva in modo che dalle ipotesi si passi alle regole condivise.
(nella foto, impianto vigneto presso Tenute Dettori – Sennori – Sardegna)
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