Quella dell’inclusione del comune di Asti nella zona di origine dell’Asti Docg è diventata una storia infinita, che va avanti a colpi di carta bollata. Un po’ vincono i contrari, un po’ i favorevoli e così quella che sembrava una necessità per evitare problemi alla denominazione oggi è una “questione di stato”.
Per la prima volta, il problema è venuto a galla nel 2008, quando un decreto del Ministero per le Politiche Agricole del 5 maggio modificava il Disciplinare di produzione dell’Asti e includeva nella sua zona di origine l’intero territorio del comune di Asti.
Un decreto questo, improvviso e non concertato con la filiera, la cui ragione stava nella necessità di ovviare con tempestività al fatto che nella zona di origine delle uve Moscato per l’Asti non ci fosse da sempre la città che dava il nome al prodotto Docg.
Tale decreto, però, venne visto da molte componenti della filiera come un’imposizione del Ministero, poiché nessuno aveva potuto valutarlo né in seno al Comitato Nazionale né in una specifica pubblica audizione.
Ad accentuare di più l’avversione della filiera e in particolare della sua componente agricola fu la constatazione che l’inclusione di Asti in tale zona di origine favoriva soprattutto gli interessi di un’azienda, la Castello del Poggio, che aveva alcuni ettari di terreno vitati a Moscato proprio nel territorio di Asti.
Da allora, la questione va avanti con esiti alterni: un po’ sembra prevalere chi pensa che l’inclusione di Asti nella zona dell’Asti non crei nessun problema, un po’ torna a primeggiare chi lo vede come il fumo negli occhi.
Così, quando nella primavera del 2012, il Decreto del 16 maggio ha ribadito l’introduzione di Asti nella zona di origine del vino, la cosa non è piaciuta a parecchi gruppi associati legati alla filiera di questa Denominazione di origine.
Così, dopo quella data, è partita un’altra raffica di opposizioni: la Produttori Moscato d’Asti Associati, la Federazione Regionale Coldiretti, l’Associazione dei Comuni del Moscato e l’Associazione Muscatellum hanno inoltrato il loro ricorso al TAR del Lazio.
A distanza di alcuni mesi, il 18 febbraio scorso, il Tar del Lazio si é pronunciato: ha accolto i vari ricorsi e – come dice in un comunicato la Produttori Moscato d’Asti Associati – “ha annullato il Decreto 16 maggio 2012 che aveva incluso nell’area Docg parte del territorio del Comune di Asti, tra cui i terreni appartenenti all’Azienda Agricola Castello del Poggio.”
Il TAR ha quindi riattualizzato il Disciplinare dell’Asti varato con il Decreto del 21 novembre 2011 e, pertanto, i comuni dove si producono le uve per Asti e Moscato d’Asti sono di nuovo 52.
Non solo. Per quanto riguarda Castello del Poggio, gli organismi competenti dovranno revocarne l’iscrizione dei vigneti nello schedario vitivinicolo per la Docg Asti.
Nonostante questo nuovo episodio, restano aperte due questioni, una istituzionale e una privata.
Quella istituzionale riguarda la questione della mancata inclusione del comune di Asti nella zona di origine di una Docg che prende il nome proprio da questa città. Anche a questo riguardo, i pareri sono discordi: c’è chi sostiene l’indispensabilità di questa inclusione, chi invece non la vede necessaria visto che da tanti anni è in vigore questa situazione e mai nessuno aveva sentito il bisogno (se non ultimamente) di rivendicarne il contrario.
Al di là delle interpretazioni, la cautela consiglierebbe comunque l’inclusione di Asti nella zona dell’Asti, magari solo con pochi ettari, per garantire sonni tranquilli all’intera produzione.
Resta, poi, la questione privata, legata a Castello del Poggio della famiglia Zonin. Non sappiamo quanto abbia influito sulla decretazione iniziale la posizione di primissimo piano della famiglia Zonin, in particolare di Gianni Zonin, il suo uomo punta.
Si attendono ora le contromosse della Zonin: è assai probabile che l’azienda non alzi bandiera bianca, ma lavori per trovare una soluzione più favorevole in altri gradi di giudizio. Sono quindi facilmente pronosticabili altre carte bollate.
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