La teoria dice che è in vigore da ottobre 2012 l’obbligo del pagamento a 60 giorni con relativo contratto scritto tra le parti, ex articolo 62. La pratica invece è ben diversa. Dopo la non ancora risolta diatriba fra i due ministeri (Mipaaf e Mise) sulla sua validità, che finisce per sancire la regolarità di ogni tipo di comportamento (quindi la giungla), gli operatori attendono un qualche chiarimento ufficiale, che metta la parola fine a questa vicenda che sta diventando incresciosa. La cosa, per il nostro settore, diventa ancora più stringente, visto che siamo a vendemmia ormai alle porte e con i pagamenti a 30 giorni sulle uve che scattano per la prima volta potrebbe essere davvero il caos, considerando che in giro è pieno di gente che sa approfittarsi di ogni situazione per ricavare indebiti vantaggi.
Sapendo che non vi è il tempo per modificare la legge, essendo un compito del Parlamento, il problema contingente (pagare a 30 giorni o no) può però essere risolto con un incontro chiarificatore tra i due ministri, Zanonato e De Girolamo, che dicano: per ora, e in attesa di rivedere la legge nella sua generalità, l’articolo 62 è in vigore (quindi si paga a 30 giorni) oppure no (quindi si paga come si è sempre fatto).
Finita la vendemmia, finite le vacanze, finito quel che si deve finire, è d’obbligo ritornare sull’impalcatura generale della legge alla luce della direttiva 7/2011. Quello che la maggior parte del settore vino auspica è una modifica, che confermi l’obbligatorietà del contratto scritto, ma lasci alla libera scelta delle parti di concordare il termine di pagamento, come tra l’altro prevede la direttiva citata. Accompagnando il tutto da una serie di sanzioni esemplari per chi va oltre la soglia pattuita, compresa l’extrema ratio della sospensione temporanea dell’attività fino a saldo dei debiti e la chiusura dopo la terza volta che si sgarra. E’ utopia?
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