Ha tutte le caratteristiche di un mercato maturo, quello australiano, degno di un Paese produttore di vino che si avvicina sempre più ai modelli di consumo europei, dove l’abitudine del calice è consolidata soprattutto tra le mura domestiche, o in occasione di feste e ricevimenti tra amici. Le previsioni a medio termine (dati Euromonitor 2014) sono quelle di un graduale rafforzamento, per quanto riguarda la quota valore e il fatturato. Quest’ultimo, in particolare, attualmente si attesta oltre i 9 miliardi di dollari Usa ed entro la fine del decennio dovrebbe sfondare quota 10 miliardi e mezzo, passando dall’attuale valore del 24% dell’intero mercato degli alcolici, al 26%, oltre un quarto, erodendo le fette di mercato dei ready to drink (-20%) e dei superalcolici (-0,3%). In crescita anche le birre, dominatrici del comparto alcolici del Paese dei canguri, che saliranno a un giro d’affari di oltre 19 miliardi US$.
Per quanto riguarda il consumo medio pro capite di vino, secondo le proiezioni Euromonitor, rimarrà sostanzialmente stabile, anche se in lieve decrescita di 0,5 litri in 5 anni: attualmente è stimato intorno ai 23 litri e mezzo, un valore alto per un Paese dove la birra la fa da padrona, anche se quest’ultima è calata sotto agli 80 litri annui, dai circa 90 del 2009, e si prevede debba scendere ancora arrivando intorno ai 74 litri nel 2019.
Per entrare nei dettagli delle cifre che descrivono questo mercato, leggete l’articolo integrale pubblicato sul numero 4 del Corriere Vinicolo, dove vengono riportati grafici e tabelle relativi al valore totale del comparto degli alcolici, per ettolitri consumati e dollari di fatturato, nonché per ogni sottocategoria, birre, vini e spumanti (con la suddivisione anche tra vini fermi, spumanti e champagne, liquorosi e vini non da uve), spirits, ready to drink e cider/perry, con dati dal 2009 al 2014 e stime fino al 2019. Per le stesse categorie si trovano anche i numeri che descrivono il consumo pro capite e si passa poi alla descrizione più specifica delle vendite nei canali off e on-trade, per colore e tipologia, dove si nota una netta prevalenza dei vini fermi e bianchi (59%). Ultima, ma non meno importante, l’analisi per fasce di prezzo suddivisa tra vini rossi, bianchi e spumanti, esclusi champagne, che evidenzia una buona incidenza dei vini top-price, almeno tra i rossi e gli sparkling, segno di una crescente attenzione nei confronti delle etichette di qualità.
Scarica la APP per iOS e Android e acquista il Corriere Vinicolo n. 4/2016 contenente la versione integrale di questo articolo
Devi essere connesso per inviare un commento.