Operatori del settore, stampa e sommelier. È stata accolta con entusiasmo la prima tappa dell’evento itinerante “I Grandi Bianchi dell’Alto Adige”, tenutasi lunedì 4 maggio e organizzata dal Consorzio Vini Alto Adige in collaborazione con AIS Milano. La capitale lombarda, a pochi giorni dall’apertura di Expo, ha infatti ospitato un banco di assaggio dedicato all’approfondimento di tre vitigni a bacca bianca – Pinot Bianco, Sauvignon e Gewürztraminer – che ben rappresentano la viticoltura di quest’angolo del nord Italia, da sempre considerato uno degli areali di maggior pregio per la produzione di vini di grande qualità, eleganza e prospettive evolutive.
Le sale dell’Hotel The Westin Palace, gestite dai sommelier della delegazione AIS (Associazione Italiana Sommelier) di Milano, hanno accolto gli oltre 500 partecipanti che hanno avuto modo, per ognuno dei tre vitigni protagonisti della degustazione, di poter testare quindici diversi vini. In una sessione riservata alla stampa, è stato inoltre possibile degustare una selezione di etichette proposte in due annate differenti, per poter valutare ed apprezzare non solo le caratteristiche tipiche dei tre vitigni, ma anche il potenziale evolutivo dei vini che ne derivano. A rappresentare le cantine appartenenti al Consorzio sono intervenuti tre produttori: Alessandro Righi, direttore di Cantina San Paolo, Elena Walch, titolare dell’Azienda Vinicola Elena Walch, Paul Tauferer, sales manager Cantina Kurtatsch – Cortaccia.
“Grazie alle caratteristiche del territorio, al sapiente lavoro dei nostri viticoltori e alla grande variabilità dei microclimi ai quali sono esposti i nostri vigneti, l’Alto Adige è la culla ideale di oltre 20 diversi vitigni” spiega Werner Waldboth, Direttore Marketing del Consorzio. “Tra questi anche Pinot Bianco, Sauvignon e Gewürztraminer: tre uve a bacca bianca che danno vita a vini di grande personalità, che solitamente vengono consumati entro pochi anni dalla immissione sul mercato, ma che sono capaci di regalare piacevoli sorprese dopo un periodo di invecchiamento”.
Sono state molte le interpretazioni presenti nel bicchiere, segno della grande versatilità di questi tre vitigni che riescono ad unire le loro innate e tipiche caratteristiche varietali a quelle del territorio di provenienza. A partire dal Pinot Bianco che in Alto Adige occupa una superficie di 518 ettari. Dal primo vigneto coltivato a Bressanone nel 1852, oggi il Pinot Bianco trova spazio ad Andriano, Caldaro, Termeno, Magrè, Salorno e Bolzano. Se ne ricava un vino di grande personalità, con un frutto delicato e un corredo aromatico a tratti severo, con note minerali ben in evidenza e un sorso di bella incisività e freschezza. Il Sauvignon, vitigno semiaromatico nato dall’incrocio casuale tra Traminer e Chenin blanc, è coltivato in Alto Adige su 365 ettari di terreno: la prima volta che se ne consigliò la coltivazione nella Valle dell’Adige fu nel 1886 ad opera dell’Istituto sperimentale di San Michele. Oggi trova spazio soprattutto ad altitudini elevate, mai comunque sopra i 600 metri, per conservare intatti ed esaltare due dei suoi tratti più tipici: aromaticità e acidità. Infine il Gewürztraminer: sebbene la sua origine sia abbastanza controversa, come capita spesso in viticoltura, è molto probabile che il nome di questo famoso vitigno tragga origine proprio da un paese altoatesino, Termeno (in tedesco Tramin). I primi impianti in Alto Adige risalgono al 1848 e oggi, con i suoi 572 ettari, è la zona più importante per la coltivazione del Gewürztraminer in Italia. Appiano e Termeno sono le sue capitali, ma è diffuso anche a Caldaro, Cortaccia e Montagna. Affascinante e sfaccettato il suo corredo aromatico spazia dal lici alla rosa, dagli agrumi all’albicocca e si caratterizza al palato per un tratto quasi opulento e ricco, dal tenore alcolico sempre ben sostenuto e con una struttura avvolgente.
Dopo questa prima tappa milanese, “I Grandi Bianchi dell’Alto Adige” si sposta in più a Sud. Nella seconda parte dell’anno, l’evento sarà infatti replicato a Bologna e a Roma. Altri due appuntamenti davvero unici per conoscere da vicino, con il bicchiere in mano, tre grandi interpretazioni dell’universo “bianchista” dell’Alto Adige.
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