di Laura Zamprogno
Un vino extra-ordinario che nasce da un dialogo antico tra uomo e natura e da una profonda simbiosi con il paesaggio e il territorio. È l’identikit del Moscato d’Asti raccontato da Lorenzo Tablino, con i contributi di Roberto Cerrato e Claudio Riccabone, nella pubblicazione “Sorì la fatica del sorriso” (155 pagine, edito dal Consorzio per la tutela dell’Asti) che ripercorre la storia del vino, tra le sfide di ieri, le minacce di oggi e le scommesse future, accompagnandola con immagini suggestive e dando la parola alle esperienze dirette di 13 viticoltori.
Quello in cui nasce la denominazione piemontese è un territorio estremo che si snoda a cavallo tra le Langhe cuneesi, i declivi del Monferrato e i contrafforti della pianura Alessandrina, generoso e difficile al tempo stesso, contraddistinto da un contesto pedoclimatico eccellente e ad alta vocazione vitivinicola: 9600 ettari (il 21% della superfici vitata del Piemonte) da cui si ricava 1 milione di quintali di uva per un totale di 750 mila ettolitri di vino Docg.
Ma non è tutto: l’area di origine del Moscato d’Asti fa parte del più ampio paesaggio viticolo piemontese delle Langhe – Roero – Monferrato la cui valenza ed eccezionalità è stata riconosciuta dall’Unesco quale Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Qui si è sviluppata una viticoltura che si può definire “eroica” e che ha da sempre dovuto fare i conti con terreni estremamente ripidi (i cosiddetti sorì) che possono arrivare a superare il 50% in pendenza.
In un simile contesto la gran parte delle operazioni colturali deve essere necessariamente svolta a mano, in media richiedendo il doppio e anche il triplo delle ore di lavoro richieste per i vigneti di pianura e media collina. Una criticità ma anche un punto di forza: questa particolare inclinazione favorisce infatti un’eccezionale esposizione al sole che a sua volta permette una maturazione ottimale delle uve, associata alla benefica influenza dei tradizionali muretti di terrazzamento in pietra che cedono lentamente calore nelle ore notturne.
Disagi e condizioni di lavoro difficili, elevati costi di conduzione per aziende in massima parte di piccole dimensioni (in media 2 ettari), il Moscato dei Sorì non ottiene tuttavia un prezzo proporzionato alla qualità dell’uva conferita. Motivo che ha spinto alcuni viticoltori a diversificare le attività estendendole alla trasformazione dell’uva e alla ricezione agrituristica.
Il graduale invecchiamento dei vigneti, l’eccessivo frazionamento delle proprietà, l’esigenza di un ricambio generazionale sono alcune delle minacce con cui oggi il Moscato (e la società rurale di questi territori) deve fare i conti. Il progressivo abbandono dei vigneti (dagli anni ’60 ne sono andati persi oltre i due terzi) comporta molteplici danni con conseguenze gravi come il dissesto idrogeologico oltre alla banalizzazione del paesaggio accompagnata dalla perdita di biodiversità.
Gestire questi fattori significa saper individuare e tracciare dunque nuovi percorsi virtuosi da seguire attraverso un’analisi approfondita sulle dinamiche dei sorì (superfici esposte, classi di pendenze, relazione tra abbandono delle aree e dissesto) mediante l’utilizzo di banche dati geologiche regionali e studi di settore. Per non smettere di “coltivare” un patrimonio economico, sociale, culturale ed ambientale unico e fragile.
Unione Italiana Vini soc coop
C.C.I.A.A. Milano Repertorio Economico Amministrativo n. 333340 – Cod. Fisc. N. 00868400151 – P. I. IT 00868400151
UNIONE ITALIANA VINI Confederazione
Cod. Fisc. N. 97133460580
Milano
Verona
Laboratorio Centrale:
Viale del Lavoro 8 (piazzale Fiera)
37135 Verona
tel. 045 8200901
fax 045 8231805
Roma
Via G. B. de Rossi 15/A
00161 Roma
tel. 06 44235818
fax 06 44233025
AMMINISTRAZIONE, DIREZIONE, CONSULENZA, FINANZIAMENTI E GIURIDICO
© Copyright 2020 – UNIONE ITALIANA VINI soc coop
Powered by ADVEPA S.r.l.
Devi essere connesso per inviare un commento.