Tra passato e presente ma con lo sguardo rivolto al futuro, alle nuove sfide che l’universo vitivinicolo, ormai globalizzato, quotidianamente propone. Numerosi e stimolanti gli spunti di riflessione scaturiti in occasione della 19° edizione dell’Enosimposio di Sicilia, organizzato dalla locale sezione di Assoenologi, andato in scena a Siracusa. Un appuntamento divenuto un saldo punto di riferimento per tutti gli addetti ai lavori, un intenso weekend dedicato al vino, alla ricerca scientifica, alle analisi di marketing per comprendere ed assecondare le indicazioni provenienti dagli odierni trend di mercato. Puntare sull’identità territoriale, sulla biodiversità e sulla comunicazione: sono alcuni degli obiettivi posti dai numerosi relatori che si sono succeduti. A fare gli onori di casa il neo presidente dell’associazione, l’enologo Giacomo Manzo, che ha sottolineato l’importanza di un incontro capace ogni anno di riunire un gran numero di enologi, esperti del settore, docenti universitari, tecnici, specialisti di comunicazione e di marketing.
La tecnologia al servizio dell’agricoltura
La due giorni dedicata al vino si è aperta con la relazione di Antonio Pulizzi, tecnico vinicolo delle Cantine Colomba Bianca, realtà composta da oltre 2.000 operatori e che si estende su circa 8.000 ettari localizzati soprattutto in provincia di Trapani e in parte nelle province di Agrigento e Palermo, che ha proposto gli esiti dello “Studio delle potenzialità del territorio attraverso innovativi metodi di monitoraggio”, illustrando il progetto portato avanti dalla realtà aziendale isolana. “Il territorio è stato suddiviso in tre macroaree, in base all’ubicazione dei vigneti rispetto al livello del mare, in cui si coltivano Catarratto, Nero d’Avola, Sirah, Merlot, Cabernet Sauvignon, Grillo, – ha evidenziato l’enologo isolano – al fine di procedere alla ricognizione e al monitoraggio del territorio produttivo sono state installate particolari centraline in grado di supportare le funzionalità di sistemi informatici geografici di tipo Gps e di software basati su carte e mappe digitali che hanno consentito di associare numerose informazioni rilevanti sui vari vigneti: identità del vigneto stesso, presenza di malattie (in particolare, oidio, peronospora, tignoletta), intensità di tali malattie, fenologia delle piante”. Un database da condividere ed ampliare per sfruttare informazioni e dati di fondamentale importanza per la corretta e proficua gestione delle produzioni.
Progetto sperimentale sullo Chenin blanc
Altra realtà aziendale, altro progetto sperimentale. Ben riuscito, risultati alla mano. Filippo Buttafuoco, tecnico delle Cantine Settesoli, ha condiviso la sua esperienza di studio soffermandosi sul tema “Lo Chenin blanc in Sicilia”, cultivar minoritaria in seno al panorama vitivinicolo isolano su cui, però, la cantina ha deciso di puntare con convinzione. “Chenin blanc è una vecchia varietà della Francia, ove la sua presenza si attesta sin dall’845 D.C., – ha esordito Buttafuoco – la nostra azienda, che si estende per circa 6.000 ettari nella parte sud – occidentale della Sicilia, ha deciso di impiantare nel 2007 tale tipologia di uva al fine di sfruttare al meglio le potenzialità del territorio: lo Chenin blanc, dalle nostre parti, inizia il germogliamento nei primi giorni del mese di aprile, la fioritura nei primi giorni di maggio, l’invaiatura nella seconda decade di luglio, il periodo della vendemmia si colloca a fine agosto”. I vini ottenuti presentano un colore giallo – verdolino, all’olfatto si apprezzano aromi diversificati che vanno dalla mela matura al miele, dal limone alla pesca, dalla mela cotogna all’albicocca. Un mix in grado di offrire piacevoli sensazioni a tutti gli amanti del buon bere.
Migliorare l’export
Dal locale al globale. Christian Scrinzi, direttore enologico e di produzione del Gruppo Italiano Vini, ha relazionato sul tema “Dall’internazionalizzazione dei mercati alla mondializzazione delle produzioni: possibili nuovi scenari o scelte obbligate?” sottolineando come “nei prossimi anni si parlerà di ‘origine’ come espressione del territorio per i vini d’esportazione elaborati da grandi strutture e di ‘originalità’ per i vini ‘sartoriali’ elaborati dai piccoli vignaioli artigianali”. Muta, quindi, la fisionomia del mercato, ormai ampiamente globalizzato e in cui si sono prepotentemente affacciati nuovi agguerriti competitor. Ma è proprio in tali nuovi contesti che si delineano interessati possibilità di business per le produzioni “tradizionali”. “La Sicilia è chiamata a giocare un ruolo di primo piano sul fronte dell’export, a fronte di un trend dei consumi interni in netta discesa – ha evidenziato Scrinzi, snocciolando dettagliati dati e statistiche – per imporsi, il vino isolano deve cambiare pelle, raggiungere i livelli di esportazione di altre regioni italiane, assumere una connotazione ancora più legata al territorio di provenienza”. La sfida è appena cominciata.
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