La Cina è stata la mamma del Covid, e quindi la Cina ci fa vedere per prima gli effetti dell’epidemia sui traffici di merci. Sul vino, i primi tre mesi del 2020 sono stati disastrosi, in perfetta linea con quanto tra l’altro si stava facendo vedere già nel 2019: solo per i vini fermi confezionati bilancio a -21% a volume e valore, con in particolare gennaio-febbraio a -25% e marzo a -5%.
Questo è però solo un antipasto, in quanto le statistiche di importazione leggono il dato di sdoganamento, per cui nel primo trimestre 2020 si fa riferimento a vini partiti dai Paesi d’origine qualche settimana o mese prima, anche in coda 2019, quando il virus era ancora un illustre sconosciuto.
Per leggere davvero l’impatto reale su marzo, primo vero mese di pandemia, si devono guardare quindi i dati export: a oggi disponibili abbiamo Australia, Cile e Francia. Per tutti e tre i Paesi il bilancio delle esportazioni verso Pechino è disastroso: il Cile, già in tendenza negativa a gennaio e febbraio, crolla a -40% a marzo, quando Pechino blinda Wuhan e sospende le attività produttive in tutto il Paese. Stessa dinamica per l’Australia, con un tonfo ancora più grosso venendo da un gennaio che era stato sovraperformante. La Francia conferma e aggrava il quadro di crisi che aveva accompagnato tutto il 2019, finendo per perdere nel solo marzo il 50% del volume esportato rispetto all’anno prima. Alla fine, i conti peggiori sono proprio quelli francesi, che nel cumulato da inizio anno vedono un‘erosione dei volumi del 40%, mentre Cile e Australia sono attorno a -20% e -15%.
Fra i tre Paesi, dominanti sul mercato cinese, la situazione francese appare quella più problematica: i primi trimestri di calo consecutivo sono ormai tre, segno che si è andati in passivo su dati dell’anno precedente già deteriorati. Considerando il volume di prodotto esportato dai francesi verso la Cina – 1,2 milioni di ettolitri nel 2019 – e le problematiche che affliggono Bordeaux & C. sugli Stati Uniti, dove vigono le nuove tariffe, si tratta di capire dove queste quantità di invenduto verranno ricollocate in tempo di lockdown. Non è un caso che anche la filiera francese si sia detta propensa a una distillazione di crisi, non solo per i vini comuni (che peraltro la Francia non produce quasi più, essendosi affidata al vino spagnolo), ma soprattutto per i vini Igp e anche Aop.
Se la situazione cinese non dovesse riprendersi in fretta nel corso dell’anno, masse di prodotto cilene, australiane, francesi e spagnole saranno costrette a trovare nuovi sbocchi, che inevitabilmente saranno solo in parte quelli nordamericani, ma soprattutto europei: la pressione competitiva sul Vecchio continente, con una vendemmia in fase di partenza, sarebbe problematica sui prezzi all’origine, provenienti da due campagne di deflazione consecutiva.
Se questo è l’antipasto della crisi da Covid sui mercati, c’è davvero di che preoccuparsi.
Paolo Castelletti