Uno studio condotto dall’Università degli Studi di Firenze ha dimostrato che l’affinamento del vino in mare “ha un effetto sulla qualità del prodotto finale” con risultati diversi tra le varie tipologie di vino.
La metodologia del cantinamento in mare migliora, diventando così una vera e propria “pratica enologica”, come scrive Giulio Somma nel suo editoriale pubblicato sul Il Corriere Vinicolo n. 25, numero in cui presenta – insieme a Luca Sessa– lo “Studio dell’evoluzione chimica e sensoriale dei vini subacquei”, condotto da Valentina Canuti, Francesco Maioli, Monica Picchi e Gabriele Colavolpe del Dagri (Dipartimento di Scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali) dell’Università degli Studi di Firenze.
Intanto crescono sensibilmente in Italia le aziende che investono in questa nuova pratica, con esiti qualitativi e di mercato interessanti; la raccolta di nuovi dati (diverse sperimentazioni si stanno svolgendo nei mari del nostro Paese, dalla Liguria alla Sicilia sulla dorsale tirrenica, e dall’Emilia-Romagna alla Puglia su quella adriatica) nonché il “riscontro nel bicchiere” confermano la validità di questa tecnica di affinamento. “Un metodo dal forte potenziale”, come dichiara in un’intervista al Corriere Vinicolo anche l’enologo e wine-maker, Andrea Moser.