Prove tecniche di collaborazione. Questa potrebbe essere la sintesi della vicenda dello “Jakot”, la nuova denominazione del Tocai che sta per essere adottata dal Collio sloveno (Brda).
La storia. Quando la Slovenia, nel maggio del 2004, è entrata a far parte dell’Ue, nel rispetto dei principi sanciti dalla disposizioni comunitarie, tra l’altro, ha dovuto modificare la denominazione del suo vino bianco “Furlanski tokaj” (Tocai friulano) in quanto essa era riservata esclusivamente ai vini ungheresi di Tokaji. Con un successivo regolamento, emesso nell’ottobre 2004, l’autorità vinicola slovena ha stabilito che il nome sarebbe diventato “Zeleni sauvignon” (Sauvignon verde) o Sauvignonasse.
Dalla parte italiana, il Veneto e il Friuli Venezia Giulia avevano adottato, rispettivamente, il nome di Tai (nel 2007) e Friulano (nel 2008). Anche nella Doc Collio il disciplinare prevede la possibilità di coltivare le uve di Tocai friulano e di denominare il vino come Friulano. Ma per chi imbottiglia un Igt, l’uso della denominazione non è consentita. E così, Stanko Radikon di Oslavia, in provincia di Gorizia, nel 2003, presso l’Ufficio marchi e brevetti della locale Camera di Commercio, ha registrato il nome “Jakot” (un evidente riferimento al Tokaj, con lettura “a specchio”), a valere per tutto il territorio italiano. Circa un anno prima il produttore Rino Russolo, di San Quirino di Pordenone, aveva a sua volta registrato il nome Jacot e, in seguito, ha acconsentito all’iniziativa di Radikon.
Nel frattempo, anche i produttori goriziani Dario Princic e Franco Terpin, hanno etichettato i loro Tocai come Jakot. Qualche problema di conflitto o concorrenza, dunque? Pare di no.
Verificato che la fortuna dei mercati non ha arriso al Sauvignonasse, il Brda e il quotidiano di Capodistria, Primorske Novice, hanno lanciato un’indagine tra i lettori per trovare un nuovo nome al vino (lo stesso era successo in Friuli Venezia Giulia più volte e su vari periodici). La scelta è caduta su Jakot e il giornale sloveno ne ha dato notizia nella sua edizione del 2 giugno. Il Consorzio sloveno, fin qui, è stato supportato dal comune di Brda, ma ora ci sarà bisogno dell’intervento statale per portare a buon fine l’operazione del cambio di nome che, comunque, non avrà tempi lunghi.
“Siamo al corrente del lavoro che stanno facendo i nostri vicini – spiega Radikon -. I colleghi del Brda ci hanno contattati e ci hanno informato puntualmente sul percorso che stanno facendo per il cambio di nome. Noi siamo d’accordo e, presto, ci sarà la sottoscrizione ufficiale congiunta di collaborazione affinché, ai produttori friulani storici dello Jakot, non ne sia inibito l’uso. Per quello che ci riguarda – conclude Radikon – pensiamo che più il nuovo nome si diffonde e meglio è. Se poi diventasse ambasciatore di una collaborazione più stretta tra Collio goriziano e Collio sloveno, sarebbe bello poter arrivare alla creazione di una zona di produzione enologica transfrontaliera, unica al mondo».
Nonostante tutta l’attenzione a cui è soggetta, da una parte e dall’altra del confine, la coltivazione del Tocai friulano è in declino nella sua area storica (il Friuli Venezia Giulia, appunto), ma anche nel Brda dove le superfici investite sono in costante diminuzione e, in tutta la regione della Primorska, raggiungono soltanto i 200 ettari (il 10-12% dei vigneti della territorio). Nella Valle del Vipacco, negli ultimi trent’anni, la produzione si è dimezzata ed è stata soppiantata, in gran parte, da quella del Sauvignon.
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