E’ uno di quei posti divenuti mito, dove girano un sacco di soldi, gli occidentali vogliono fare grandi affari. E anche per il mondo del vino da qualche tempo a questa parte si è aperta più di un’opportunità, considerando che (al netto della popolazione locale) i consumi presso grandi alberghi e simili stanno aumentando (o dovrebbero continuare a farlo). Valutato secondo le statistiche, il mercato del vino degli Emirati Arabi Uniti ha un peso di 130 milioni di dollari, di cui 80 sono di vino in bottiglia e il resto di spumanti. Quello che brilla un po’ meno è il fatto che le importazioni – a differenza di altri “emergenti” (dal punto di vista vino) – hanno appena recuperato valori e volumi che avevano raggiunto cinque anni prima. Anzi, a ben guardare, l’ultimo anno (il 2012) è stato di calma piatta (o di consolidamento, se la si vuol guardare con ottimismo). Ma certo, dai ritmi con cui sta crescendo questo lembo di terra seduto sopra una miniera d’oro, ci si potrebbe attendere anche di più.
In cima alla lista dei fornitori, c’è l’onnipresente Francia, che ha una linea d’andamento simile a quella del mercato nel suo complesso. Poi l’Australia, in fase calante nel 2012 dopo un biennio di crescita, e l’Italia, l’unica del terzetto da podio ad aver ingranato una marcia di crescita costante: oggi le nostre esportazioni di vini fermi valgono 8 milioni di dollari, quadruplicate in sette anni, per un prezzo medio al litro di 7 dollari, più che raddoppiato rispetto al 2005. Per inciso, il parterre dei fornitori è piuttosto ampio, da mondo occidentale. ci sono anche sudafricani, neozelandesi, britannici (con i vini francesi, ovviamente, strapagati), poi americani, spagnoli, argentini, cileni, portoghesi e tedeschi.
Sul fronte bollicine, l’andamento è a specchio con quello dei vini fermi: battuta d’arresto nel 2009, ripresa, ma con la variante della crescita anche nell’ultimo anno. In testa, con il 90% del mercato, stanno i francesi (con le varianti olandesi e britanniche), per un prezzo medio da capogiro: 35 dollari al litro. Segue, ma da distanze incolmabili (forse solo a botte di Prosecco…), l’Italia, con poco più di 1,3 milioni di dollari (5,64 il nostro listino nel 2012). Quindi Australia, Germania e via via tutti gli altri.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Eurostat e Dogane dei vari Paesi
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