L’analisi della congiuntura fatta da Confcommercio. Ripartenza più difficile senza trasferimenti a fondo perduto
Primo trimestre del 2020 estremamente complicato per consumi, prezzi e prodotto interno lordo. L’analisi della congiuntura della Confcommercio mostra dinamiche inedite sotto il profilo statistico-contabile, con variazioni negative in doppia cifra non presenti nella memoria storica degli analisti. Il lockdown dovuto all’emergenza sanitaria legata alla diffusione in tutta Italia del Coronavirus ha determinato, nel trimestre, una riduzione dei consumi del 10,4% rispetto a un anno fa. Un quadro complicatissimo in cui alimentari e bevande sono tra i pochi a essersi salvati (+6,4% in tre mesi). Principale responsabile di questa caduta è il mese di marzo (-31,7%), caratterizzato dalla quasi scomparsa della domanda per gran parte dei beni e dei servizi (tra cui bar e ristorazione, immatricolazioni di auto, accoglienza turistica degli stranieri). I contraccolpi sul Pil sono evidenti: le stime tendenziali della Confcommercio parlano di una riduzione del 3,5% nel primo trimestre 2020 e del 13% nel mese di aprile.
Le incognite della ripresa
In cima alle preoccupazioni dell’associazione degli imprenditori ci sono la ripresa e i provvedimenti delle autorità nazionali e internazionali: “Se non possono modificare il profilo delle perdite di prodotto, possono mitigare notevolmente le perdite di reddito dovute alla riduzione delle attività, trasformandole in larga misura in deficit pubblico e quindi debito sovrano”. E se l’Italia sta riducendo gli impatti della crisi concedendo liquidità a costi esigui, la Confcommercio ritiene opportuno affiancare a questi provvedimenti una serie di indennizzi proporzionali alle perdite subite da imprenditori e lavoratori: “Senza lo strumento dei trasferimenti a fondo perduto” si sottolinea “si corre il rischio che l’eccezionale liquidità non sarà realmente domandata, almeno dai soggetti più deboli, lasciando ferite permanenti nel tessuto produttivo e rendendo meno vivace la ripartenza”.
Al termine dello scorso anno, non erano stati ancora recuperati i livelli di reddito disponibile e dei consumi sperimentati nel 2007: le perdite ammontavano ancora rispettivamente a 1.700 e 800 euro per abitante. Pertanto, dopo il coronavirus, occorrerà evitare che la ricostruzione dei livelli di benessere economico, già depressi, del 2019, duri troppi anni. Il rischio è la marginalizzazione strutturale del Paese rispetto alle dinamiche internazionali dell’integrazione, dell’innovazione tecnologica, della sostenibilità e, in definitiva, della crescita di lungo termine. A pagarne il prezzo più alto sarebbero le generazioni più giovani.
Pil in forte calo
Il trimestre, già dalla fine di febbraio, ha iniziato a sentire degli effetti della crisi innescata dal Covid-19. A febbraio la produzione industriale ha evidenziato un calo congiunturale dell’1,2%, al netto dei fattori stagionali, e una flessione del 2,4% su base annua. L’occupazione, nello stesso mese, ha registrato una stabilità. A marzo, la fiducia dei consumatori, influenzata dall’accentuarsi della pandemia e delle misure di lockdown, è risultata in forte calo così come quella delle imprese. La contrazione per il sentiment delle famiglie è stata dell’8,9% congiunturale, mentre per le imprese si è registrato un calo del 16,5%. Su base annua, il clima delle famiglie ha registrato una diminuzione del 9,7% mentre per le imprese il calo è stato del 20,1%. Ad aprile, considerando il peggioramento delle condizioni economiche, e il persistere delle misure di contenimento dell’epidemia, Confcommercio stima una flessione congiunturale del Pil, al netto dei fattori stagionali, del -6,1% dato che porterebbe a una decrescita del 13% rispetto allo stesso mese del 2019. In tutto il primo trimestre, il Pil è stimato in calo del 3,4% rispetto all’ultimo trimestre 2019 e del 3,5% rispetto a un anno prima.
Consumi e prezzi
Il crollo dei consumi del 31,7% è la sintesi di un rallentamento nei primi 10 giorni del mese, quando non era ancora in atto la chiusura di gran parte delle attività, e di un sostanziale blocco della domanda, a eccezione di alcune voci, nei giorni successivi. Il dato di marzo, spiega la Confcommercio, determina una riduzione nella media del primo trimestre del 10,4% nel confronto annuo. I più penalizzati sono risultati i servizi ed in particolare quelli relativi al tempo libero. Nel confronto tra marzo 2020 e lo stesso mese del 2019, i risultati migliori si registrano per il comparto alimentare (+9,6%), legato anche all’esigenza delle famiglie di sostituire le consumazioni fuori casa, per i prodotti farmaceutici e terapeutici (+4%) e per i servizi di comunicazione (+8%) il cui maggior utilizzo deriva sia dalle esigenze di chi lavora da casa, sia per mantenere aspetti di socialità. Tra le altre voci di spesa, i cali sfiorano in molti casi l’azzeramento della domanda e tale condizione è stata evitata solo per le vendite effettuate nei primi giorni del mese. “Non sono state sufficienti” sottolinea la Confcommercio “le poche possibilità di vendita online o di consegna a casa per mitigare gli effetti del lockdown”.
Per il mese di aprile, si stima una riduzione dei prezzi al consumo dello 0,6% in termini congiunturali e dello 0,7% nel confronto con lo stesso mese del 2019. La caduta dei prezzi riflette la riduzione registrata dagli energetici regolamentati e non, che cominciano a risentire della caduta del prezzo del petrolio, le cui quotazioni nominali in dollari sono tornate ai valori dei primi mesi del 2004.