L’export italiano di vino ha chiuso il 2019 con una crescita dei volumi molto più sostenuta dei valori: +10% i primi, a 22 milioni di ettolitri, mentre il fatturato si è fermato a +3%, sulla soglia del 6,4 miliardi di euro. La compressione dei prezzi medi (-6% in media), generata dalla necessità di smerciare l’abbondante produzione di vino del 2018, ha fatto da protagonista sin dall’inizio dell’anno, specialmente sul lato sfuso comune, che chiude l’anno con listini tagliati del 36%, con punte del 37% per i bianchi.
Questa dinamica ha finito per influire su tutto il resto della produzione, andando a intaccare sia i vini fermi imbottigliati (-2%), sia i vini con le bollicine: frizzanti -6% e spumanti -3%. Lo stesso Prosecco, vino superstar che ha infranto per la prima volta la soglia del miliardo di euro, non è andato indenne dalle tensioni sui listini, chiudendo l’anno a 3,94 euro al litro, in calo del 4%. Oggi il Prosecco vale il 67% del totale spumante italiano in termini di export valore, e il 16% del totale export nazionale. La situazione esportativa per Paesi vede da una parte stasi in UK, crescita sostenuta in Usa (+14% volumico) e riduzioni in Germania (-7%), compensate però dalle richieste in fortissima crescita da parte di Francia (+28%), Svizzera e Canada (+9%).
Sul lato frizzanti, detto della riduzione a listino che ha portato a saldo zero il valore totale della categoria (414 milioni di euro), si registrano buone performance volumetriche in Germania (+6%, ma con tagli del prezzo medio del 9%), Usa (+3%), mentre in sofferenza è il mercato messicano, sceso del 7%. In tendenza positiva i mercati austriaco (+8%) e ceco (+19%), mentre prosegue il calo strutturale sulle piazze spagnola (-3%) e olandese (-2%).
Sul lato vini fermi, riduzioni di prezzo più marcate per i Dop (-5%), con picco negativo per i bianchi (-7%), mentre il segmento Igp mantiene un discreto equilibrio, con moderato aumento dei prezzi (+1%). A livello di Paesi, discreto andamento in UK (+2% omogeneo valore/volume), ripresa delle spedizioni in Germania (+8% valoriale), ma calo in Usa, sebbene supportato da un aumento generale dei listini a +5%. Buono l’andamento sui mercati di seconda fascia, con Svizzera a +4% valore, Giappone a +12% (grazie al Fta), mentre qualche segnale di sofferenza di registra in Danimarca e Canada.