Il pericolo adesso ha un nome e si chiama deflazione, a detta della Bce, la Banca centrale europea. Anche se per ora l’Italia sembra sottrarsi dal rischio di una svolta negativa dei prezzi. I dati di ottobre sul caro-vita restano sotto l’1% di crescita annua. Con il tendenziale, dato dal confronto con lo stesso mese del 2012, al più 0,8% (era al più 0,9% a settembre).
Se si guarda poi al comparto enologico la deflazione appare come qualcosa ancora di molto lontana dalla fotografia scattata dall’Istat. Qualche correzione al ribasso, considerata la retromarcia dei prezzi alle fasi a monte del consumo, potrà esserci a breve anche per i prezzi retail. Ma il bilancio al momento resta positivo, con lo scontrino medio dei vini rincarato in un mese di mezzo punto percentuale e con i prezzi che, rapportati a ottobre 2012 (complice l’aumento dell’Iva passata dal 21 al 22 per cento), hanno messo a segno una crescita del 5,3%, la più marcata dal febbraio ’97. Stessa sorte per alcolici e liquori, con un più 0,6% rispetto a settembre e un tendenziale balzato all’1,9%.
Da rilevare che per prodotti alimentari e bevande analcoliche l’1,4% di crescita annua dei prezzi al consumo resta decisamente più sostenuto rispetto al tasso di inflazione generale, che come si è detto è al +0,8%.
Solidale con la dinamica complessiva invece il movimento mensile dei prezzi, in calo per food e beverage (sempre al netto degli alcolici) dello 0,2% rispetto a settembre.
Insomma, uno scenario deflazionistico in Italia resta in questa fase ancora poco probabile, nonostante il calo dei consumi che per ora si è tradotto solo in un fenomeno di disinflazione, ovvero di un rallentamento della crescita dei prezzi. Va anche detto che l’attenuazione del caro-vita è in gran parte imputabile alle componenti più volatili, come i beni energetici e gli alimentari freschi, al netto dei quali la crescita tendenziale dell’indice dei prezzi al consumo (cosiddetta inflazione di fondo) resta invece stazionaria al +1,2%.
Tornando ai vini, le risultanze di ottobre, che nei conteggi basati sull’indice Nic dell’Istat (intera collettività nazionale) non tengono conto dell’effetto di sconti e promozioni, restituiscono un quadro ancora marcatamente inflattivo.
L’aumento di un punto di Iva scattato a ottobre, nonostante le promesse di un rinvio di almeno altri tre mesi che non ha però trovato copertura finanziaria, ha trascinato il prezzo dei vini sullo scaffale su un livello medio superiore dello 0,5% a quello di settembre. Aumento che incorpora un più 0,8% delle etichette da tavola e rincari di mezzo punto percentuale per i vini di qualità e dello 0,4% per gli spumanti.
Il tendenziale ha toccato punte del +9,1% per i prodotti da tavola. Meno evidente il divario dei prezzi rispetto allo scorso anno per bollicine e denominazioni d’origine, con incrementi rispettivamente del 2,7 e del 3,4%.
Fonte: elaborazioni Corriere Vinicolo su dati Istat
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