Quanto rende un ettaro di vigneto se produce vino esportato? In assoluto il valore più alto lo si trova in Francia, con 37.000 dollari. Il più basso in Spagna, dove non si arriva a 6.000. L’Italia, in questa particolare classifica, sta come sempre nella metà bassa, con un valore a ettaro di 17.000 dollari, superata da Australia, Cile, Usa e Nuova Zelanda.
Sono le principali evidenze frutto di una particolare analisi effettuata dal Corriere Vinicolo incrociando i dati storici dei maggiori Paesi produttori: volume produttivo, superficie vitata, rapporto produzione/export, export in valore e volume (tutte le categorie, spumanti, bottiglia, sfuso). Un’analisi – ci teniamo a sottolineare – che non ha valore scientifico assoluto, ma che puà fornire interessanti spunti di riflessione agli operatori.
Da questi dati, riparametrando l’ettarato di ogni Paese in base al rapporto produzione/export, si è calcolato il valore ipoteticamente generato da un ettaro di vigna progettato per produrre vino da spedire all’estero. E si è scoperto che non è poi detto che un calo di superficie o produttivo sia un fattore che sottragga valore al settore sempre e comunque. Anzi, se ben gestito, con politiche commerciali omogenee, può portare anche a rivalutazioni consistenti.
Nel periodo preso in esame, un decennio che va dal 2003 al 2012, i Paesi che più hanno visto incrementare il valore/export del proprio vigneto sono gli Stati Uniti (+11%), il Cile (+10%) e l’Argentina (+8%), mentre i grandi Paesi europei seguono a parecchie distanze: la Francia ha registrato una crescita del 5%, contro il +3% scarso dell’Italia e poco meno dell’1% per gli spagnoli.
Il fattore di crescita non è però legato intimamente al rapporto produzione/export: si prenda il caso della Spagna, Paese che è balzato da una quota del 27% al 60%, con una media significativamente elevata, pari al 40%, ma il cui valore “fondiario” è relegato agli ultimi posti. Segno che il valore generato all’export è rimasto costantemente basso. All’opposto troviamo gli Usa, che hanno una bassissima quota export (15%), ma che invece – come abbiamo visto – hanno valori a ettaro elevatissimi, pari a 25.000 dollari, in costante aumento dal 2008 a oggi, a fronte di produzioni altalenanti nello stesso periodo e di una superficie vitata regolare.
A determinare l’incremento valoriale della terra destinata a produrre vino per l’estero sono principalmente i valori di vendita dello stesso vino: qui il discrimine tra Francia e Italia è marcato. A fronte di un aumento del potenziale viticolo destinato all’export (40% di media), il nostro Paese è riuscito solo a mantenere regolare il proprio valore fondiario, mentre la Francia, che ha un rapporto produzione/export molto inferiore al nostro (30% scarso), ha trovato il modo di far fruttare meglio ogni ettaro del proprio vigneto.
Casi estremi sono quelli argentino e cileno, due Paesi vocati all’export in maniera molto diversa: 70% il Cile, 20% l’Argentina, che ad anni alterni destina molto export allo sfuso. Per quest’ultima il valore fondiario, dopo essere stato variabile tutto sommato indipendente, dal 2010 ha incominciato non solo ad appiattirsi sulla curva della produzione, ma a segnare una pericolosa linea in controtendenza: aumentano gli ettari destinati all’export, si riduce il valore. Per il Cile la crescita di produzione, ettari e valore generato è stata molto più omogenea, trainata evidentemente dal trend positivo delle esportazioni, cresciute a valore del 12% nel decennio. Negli ultimi tre anni il fenomeno a cui si assiste è opposto all’Argentina: scende il potenziale destinato all’export, si alzano i valori unitari della terra.
Caso ancora diverso quello dell’Australia, che a fronte di una stabilità produttiva e di un ettarato in discesa, è riuscita comunque a tenere le quotazioni delle vigne abbastanza elevate e in trend di crescita. La Nuova Zelanda, che dal 2008, anno di inizio della crisi economica, ha visto la curva degli ettari e quella del valore muoversi in maniera diametralmente opposta: alla crescita dei primi è corrisposta una più che speculare decrescita del secondo
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Buono infine l’andamento sudafricano, che vede una produzione stabile, ettari potenziali export in discesa, ma una crescita abbastanza ampia del valore generato, almeno fino al 2011.
Fonte: Corriere Vinicolo. Gli ettari sono stati ricalcolati prendendo a riferimento la quota export sul totale produttivo di ogni Paese. L’export comprende confezionato, sfuso e spumanti. IN un prossimo servizio l’analisi sul solo segmento confezionato
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