(Roma, 7 agosto 2020). Sono stati oltre 27 mila i commenti di sostegno alla revisione dei dazi aggiuntivi predisposti dall’amministrazione Trump sui prodotti europei negli Stati Uniti come effetto dell’indagine Airbus. Si tratta di un numero di interventi addirittura superiore a quelli riscontrati nella prima public consultation dello scorso gennaio. Per il presidente di Unione Italiana vini (Uiv), Ernesto Abbona: “Consideriamo positivo il forte segnale dato sin qui sia dalla filiera del vino e dal suo indotto statunitense, che dalle diplomazie interessate, in primis dall’Ambasciata italiana a Washington che ha operato ininterrottamente a stretto contatto con la nostra associazione. Allo stesso modo, abbiamo apprezzato l’intensa azione di governo messa in campo per scongiurare il carosello dei dazi sul vino italiano. È stato fatto tutto quanto nelle nostre possibilità – ha concluso – e in ragione di ciò, pur nell’incertezza di scenari evidentemente influenzati da diversi fattori in gioco, è doveroso confidare in una soluzione positiva delle trattative e attendere la decisione prevista per il prossimo 12 agosto”.
Nella nota recentemente inviata al Governo, Uiv evidenziava come “La chiusura del mercato americano, di per sé già divenuto complesso a seguito della pandemia che ha duramente colpito alcuni Stati e una parte prevalente dell’horeca di quel Paese, rischierebbe di compromettere ulteriormente l’attività delle nostre imprese, e nessuna misura di sostegno al settore potrebbe mai compensare le gravissime perdite potenziali in caso di dazi aggiuntivi”.
A sostegno di questa tesi, anche gli ultimi dati elaborati dall’Osservatorio del vino Uiv: nel primo semestre gli ordini di vino italiano dagli Stati Uniti si confermano in terreno positivo sia a volume (+2,9%) che a valore (+1,8%) sul pari periodo 2019. Il Belpaese, con 980 milioni di dollari di vendite, si mantiene primo fornitore negli Usa e allunga il passo sui competitor, con la Francia che – secondo le dogane – a causa dei dazi aggiuntivi perde nei primi 6 mesi il 25,3% a valore (fermo a 791 milioni di dollari) e la Spagna il 12,3% (159 milioni di dollari).