Come riportato dalla testata australiana ABC News, i viticoltori del Riverland, nel South Australia, una delle più importanti regioni viticole del Paese, stanno oggi lottando con gravi problemi di redditività del loro lavoro, così che molti starebbero valutando addirittura di abbandonare le vigne.
I prezzi pagati dai produttori di vini ai viticoltori per le uve raccolte nella scorsa vendemmia sarebbero crollati fino a livelli paragonabili ai primi anni Settanta del secolo scorso. Alcune aziende vinicole, anch’esse in difficoltà per l’eccesso di stock e la crisi dei consumi, in particolare dei rossi a livello globale (tema di cui Il Corriere Vinicolo si è occupato più volte nei mesi scorsi), starebbero pagando l’uva da vino 120 dollari australiani per tonnellata, quando i viticoltori stimano i costi di produzione in circa 300 AUD/tonnellata.
Ricordiamo che la questione della scarsa redditività della viticoltura in Australia è stata, nel marzo dello scorso anno, presa in esame da ABARES, ufficio del Department of Agriculture, Fisheries and Forestry (DAFF) del Governo australiano nel suo report Agricultural Commodities Report, indagine sul settore vitivinicolo australiano (ne avevamo parlato qui).
Nelle previsioni contenute in questo documento si afferma che nei prossimi cinque anni, quindi entro il 2028, i prezzi delle uve rosse in Australia saranno costantemente bassi, fattore che potrebbe indurre molti viticoltori a ridurre notevolmente la produzione, destinando i vigneti a vitigni a bacca bianca o peggio ad altre colture. Ciò, in concorso con la diminuzione delle rese prevista a causa di ragioni climatiche (in particolare l’aumento della siccità) , porterà a una minor produzione totale di uva da vino nel Paese e di conseguenza con buona probabilità anche ad un minor valore della produzione.
FEB