Paolo Ferrante
Una crescita lenta ma costante. In un mercato, quello polacco, con buone prospettive di sviluppo, seppure depotenziate in questa fase dalla profondità della crisi economica.
Per il comparto vinicolo, al contrario di quanto rilevato per il resto delle bevande alcoliche, i consumi mantengono, nel più grande dei paesi dell’Est europeo, una direzione positiva.
Gli effetti dall’ultima recessione, che ha comportato una perdita rilevante della capacità di spesa da parte delle famiglie, hanno innescato una spirale negativa sugli acquisti di alcolici. Intaccando anche una delle roccaforti del settore, rappresentata dal segmento delle birre, l’unico che gode peraltro di una condizione di oggettivo vantaggio anche sul piano normativo.
Si stima che, complessivamente, il mercato delle bevande alcoliche in Polonia abbia raggiunto nel 2010 una dimensione di oltre 3.900 milioni di litri. Un dato che su base annua avrebbe subìto una contrazione del 2,5%.
L’84% dei volumi, stando ai dati attuali, è di esclusivo appannaggio delle birre, tradizionale bevanda del ”buon umore” in Polonia. Si attesta all’8,5%, invece, la quota dei liquori e dei superalcolici, mentre i vini, compresi quelli a base di frutti diversi dalle uve, rappresentano un altro 7% del mercato.
Nonostante il forte sbilanciamento dei consumi, guardando la dinamica più recente emergono andamenti differenziati, che se da un lato testimoniamo una flessione a scapito delle birre, in calo del 2,5% rispetto al 2009, dall’altro rivelano una buona tenuta dei vini, con una crescita ulteriore, seppure limitata negli ultimi dodici mesi a un +0,7%.
Le vendite di vino nel 2010
Quello vinicolo, spiega in un suo rapporto l’Istituto del commercio con l’estero spagnolo, è l’unico tra i comparti del beverage, limitatamente agli alcolici, che ha fatto segnare una variazione positiva nel corso del 2010. Le vendite sul mercato interno hanno riguardato complessivamente 275,7 milioni di litri, per un valore che orbita attorno a 830 milioni di euro.
Nel 2010, con un pro capite di soli 2,4 litri l’anno, il Paese ex satellite del disciolto impero sovietico occupa tuttavia una delle posizioni più basse nel ranking europeo. Le previsioni sono però promettenti. E al 2015 lo stesso dato potrebbe portarsi oltre la soglia degli 8 litri.
C’è anche da segnalare, rispetto alla modesta crescita del 2010, il calo sperimentato dai vini ottenuti da frutti diversi dalle uve, principalmente da mele e ciliegie. Un segmento, di tradizione storica in Polonia, che l’anno scorso ha accusato una contrazione dell’1,6% a volume, con 121,3 milioni di litri consumati.
In relazione invece ai vini ottenuti unicamente da uve (al netto però di spumanti e vini fortificati), le evidenze statistiche rivelano, sul fronte degli acquisti, un andamento positivo, con un balzo in avanti del 3,2% che ha consolidato l’anno scorso il più 2,5% del 2009.
In termini assoluti i consumi di vini da uve hanno raggiunto un quantitativo di 91,4 milioni di litri, corrispondenti a un controvalore di 331,6 milioni di euro. E le previsioni anticipano una crescita sostenuta fino al 2015 che porterebbe il dato finale a 126,7 milioni di litri, per un giro d’affari valutato a ridosso dei 460 milioni di euro.
Secondo le stime, il sorpasso sui vini a base di frutta avverrà nel 2013 o al più tardi entro il 2014, considerando che per questa tipologia il mercato sconterà nel prossimo lustro una flessione a un tasso medio annuo del 2%.
Tornando ai vini da uva, per il 2011 le proiezioni parlano di una crescita degli acquisti sui circuiti polacchi del 3,8% a volume e del 4,5% in valuta. In previsione di un quantitativo di circa 95 milioni di litri e di un fatturato attorno ai 346 milioni di euro.
Vendite di vino in Polonia
Fonte: Icex su dati Euromonitor. Previsione per il 2011
Import, Germania leader
Sul fronte delle importazioni, i dati aggiornati a tutto il 2010 quantificano gli arrivi dall’estero di vini in circa 73 milioni di litri, un quantitativo in crescita dell’1,7% rispetto al 2009. Più sostenuta la dinamica dei corrispettivi monetari, per una spesa che si è arrampicata, negli ultimi dodici mesi, oltre i 133 milioni di euro, archiviando un +13% su base annua. Il vero balzo in avanti si è registrato però nel 2007, anno in cui i volumi sono aumentati del 55% e i relativi valori di oltre il 28%.
Gli effetti della crisi si sono invece riverberati nel 2009, non tanto sul dato fisico delle importazioni, sostanzialmente invariato, quanto sui corrispettivi monetari scesi del 12% rispetto ai livelli 2008.
Primo fornitore, sia per volumi che in valuta, è la Germania con circa 14 milioni di litri esportati in Polonia nel 2010 e 28,3 milioni di euro di fatturato. Seguono, nell’ordine, Francia e Italia, con quantitativi rispettivamente di 10,3 e 9,9 milioni di litri, corrispondenti a 19 e 14,5 milioni di euro. La lista prosegue con altre due nazioni europee, nell’ordine Bulgaria e Spagna, mentre il primo fornitore extra Ue è il Cile, seguito a breve distanza dalla Moldavia.
La Germania, forte soprattutto nelle operazioni di triangolazione, attraverso la riesportazione di vini importati, prevalentemente da Francia, Italia e Spagna, o l’imbottigliamento e la successiva spedizione di vini sfusi di altre origini (in prevalenza argentini o cileni), è anche il paese che ha fatto segnare, nel 2010, i tassi di crescita più robusti, incrementando del 63% i volumi e raddoppiando, abbondantemente, il giro d’affari.
Più modesta la performance francese (+9,6% in quantità; +15% circa in valuta). Mentre le cantine italiane hanno archiviato un progresso del 41%, seppure nettamente più attenuato nella dinamica monetaria (+21%).
In generale si assiste sul mercato polacco a uno spostamento della domanda verso i vini di qualità più elevata. Un fenomeno confermato anche dei dati sulle importazioni di Varsavia che mostrano riduzioni a doppia cifra degli arrivi dalla Bulgaria (primo esportatore nel biennio 2008-2009) e dalla Moldavia, che resta comunque in settima posizione nel ranking dei fornitori.
Attualmente, in termini di quota di mercato, Berlino è al 21,2%, mentre Francia e Italia raggiungono rispettivamente il 14,3 e il 10,9 per cento. La stessa incidenza, per volumi, vede le cantine tedesche al 19,1% di quota, contro il 14,1% di Parigi e il 13,5% dell’enologia tricolore.
Stando ai dati del 2010 i primi tre fornitori concentrano quasi la metà delle importazioni polacche, sia in volume che in termini monetari. Considerando anche Bulgaria e Spagna la quota arriva a sfiorare i due terzi del totale.
Importazioni di vino in Polonia per Paese
Fonte: Icex su dati Euroestacom
La domanda del mercato
In relazione alle diverse tipologie di vini, il mercato interno vede ancora prevalere i prodotti a base di frutta, al 44% di quota. I vini ottenuti esclusivamente da uve hanno nel frattempo raggiunto un’incidenza pari al 33%, a cui si aggiungono il 13% circa degli spumanti e il 10% dei fortificati (compreso il vermut).
Tra i vini da uve prevalgono i rossi e i rosati, con il 54% del mercato. I più diffusi in Polonia sono quelli ottenuti da vitigni internazionali: lo Chardonnay tra i bianchi, vicino al 50% di quota nel suo segmento, e il Cabernet Sauvignon tra i rossi, al 40%, seguito a poca distanza dal Merlot (33%).
Quanto alle preferenze, i consumatori polacchi appaiono prevalentemente orientati verso i dolci e i semidolci. Mentre tra i secchi, i vini del Nuovo Mondo sembrano in generale ottenere maggiori consensi rispetto a quelli provenienti dal Vecchio Continente.
Il consumo di vino in Polonia presenta anche caratteristiche di accentuata stagionalità, con una forte concentrazione in occasione di feste comandate (Natale, Pasqua, Carnevale ecc.) o di eventi privati (nozze, prime comunioni o altro).
Rilevante anche il peso delle marche più economiche e di minore qualità, con l’85% delle vendite nel 2010 concentrate nella fascia di prezzo al di sotto dei 17,4 zloty (4,3 euro). Un altro 10% scarso del fatturato fa invece riferimento alla classe tra 17,4 e 40 zloty (da 4,3 a 10 euro). Mentre i vini di fasci alta, con prezzo superiore ai 40 zloty, non raggiungo neanche il 5% di quota.
Negli ultimi anni, nonostante le etichette a buon mercato rappresentino ancora il grosso delle vendite, si è assistito a un progressivo ridimensionamento dell’incidenza dei “primi prezzi” (a partire dal 2006 hanno perso oltre 3 punti percentuali), seppure a vantaggio, prevalentemente, dei vini di fascia media.
Fonte: Icex su dati Euromonitor
La distribuzione
Per quanto attiene ai canali distributivi, si stima che l’Horeca (hotel, ristoranti e catering) rappresenti attualmente poco meno del 3% dei volumi di vendita, ma il 12% abbondante dei corrispettivi monetari. I ricarichi, da parte dei ristoratori, raggiungono anche il 300%, e questo spiega il forte divario tra quantitativi e valori. Ma le occasioni di consumo al ristorante appaiono sempre più rare in Polonia, dove il ridotto potere d’acquisto sta fortemente condizionando lo stile di vita della popolazione.
Il commercio tradizionale convoglia il 97,2% delle vendite retail di vini, in relazione ai volumi, e l’87,8% del valore. Tra i diversi format, i negozi specializzati, anche per il tipo di referenze trattate (di fascia medio-alta), sono quelli che stanno accusando maggiormente le ricadute della crisi. Le grandi superfici mantengono invece buone performance di vendita, seppure concentrate sui vini a buon mercato.
Da segnalare un consolidamento delle vendite on line, soprattutto di vini di pregio, venduti a prezzi inferiori fino al 40% rispetto ai canali tradizionali. Il fenomeno è tuttavia ancora limitato nel volume d’affari, né si prevede uno sviluppo rapido, anche in considerazione degli stili di consumo locali.
Da evidenziare, infine, che tra gli alcolici solo la birra beneficia in Polonia di un sistema preferenziale nell’advertising. Grazie a un’intensa azione di lobbying svolta dai produttori locali, dal 2003 è ammessa la pubblicità in televisione, seppure in fascia serale, e a mezzo di cartelloni pubblicitari, anche in questo caso però con talune restrizioni.
Sotto l’aspetto fiscale, i vini con gradazione alcolica inferiore al 22% sono soggetti a un’accisa di 158 zloty per ettolitro. Mentre l’imposta sul valore aggiunto (Iva) dal primo gennaio 2011 è stata fissata al 23%.
Sono ammesse importazioni cosiddette “individuali” non soggette ad imposte e ad altri balzelli. Si tratta comunque di quantitativi ridotti che per i vini non possono superare il quantitativo di 90 litri a persona.
Piccolo Paese produttore, e tale rimarrà
La Polonia, sia per caratteristiche climatiche che pedologiche, non dispone di grossi potenziali in termini di capacità produttiva. Attualmente, secondo l’Arr, l’Agenzia nazionale sul mercato agricolo, si contano 20 aziende vitivinicole, per una superficie interessata di appena 37 ettari. A nulla sono serviti, per consolidare queste cifre, gli incentivi introdotti nel 2008, attraverso agevolazioni fiscali a vantaggio delle imprese fino ai mille ettolitri di capacità produttiva. Al contrario, hanno invece contribuito a limitare lo sviluppo di un’enologia locale il mantenimento di altre barriere burocratiche e amministrative, compresa la difficoltà di ottenere una licenza per la vendita di alcolici.
Nessuno tra l’altro degli attori attuali, in Polonia, è in grado di concentrare le masse critiche necessarie ai rivenditori locali. Tanto più se si considera che sempre l’Arr stima la produzione 2010 di vino in meno di 50.000 litri, equamente ripartiti tra bianchi e rossi/rosati.
Produzione di vino in Polonia – 2010
Fonte: Arr
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