di Fabiano Guatteri
Appena ventenne, Moreno Cedroni ha aperto La Madonnina del Pescatore a Senigallia in provincia di Ancona, ristorante con il quale ha ricevuto le due stelle Michelin. Suo anche Il Clandestino, “susci” bar aperto da aprile a settembre in Località Baia di Portonovo, Ancona. La sua è una cucina “creativa”, come la definisce egli stesso. Anche Cedroni è uno “Chef Ambassador” di Expo: “Per una settimana ho portato il mio menu (pensato in chiave Expo) a Identità Expo dove ho potuto far assaggiare la mia cucina e soprattutto la mia interpretazione della cucina sostenibile. Sono anche testimonial per la Regione Marche”.
Ha dedicato un piatto a Expo?
Più che dei piatti ho voluto dedicare dei concetti a Expo, come i piatti fatti con materie di recupero tipo il pane secco. Ho voluto dimostrare che è possibile fare cose buone con materie che normalmente non verrebbero prese in considerazione perché scartate. La ristorazione ha tantissimo da dire e da dare in merito alla tematica che sorregge Expo: il nostro ruolo è quello di cominciare a ispirare, dare un messaggio ai clienti, come ad esempio incentivare a non sprecare le materie.
Ci sono in questo momento dei fermenti o dei sintomi che possono far presagire come sarà la cucina del prossimo futuro?
Ci sono dei messaggi riguardanti la cucina in cui io credo fermamente, legata a una alimentazione leggera, sana e corretta. Io sono anche testimonial per l’AIRC (Associazione italiana ricerca sul cancro), quindi questi sono temi che mi stanno molto a cuore. Noi cuochi abbiamo in questo senso un ruolo molto importante nell’insegnare alle persone che è fondamentale alimentarsi e mangiare nel modo giusto.
Quando si parla di ristorazione, si intende non solo carta dei cibi, ma anche dei vini. Che ruolo gioca attualmente il vino nella composizione di un menu?
Il vino è un accompagnamento, ma è comunque determinante. Dove c’è un grande abbinamento c’è la miglior riuscita di un menu.
Negli ultimi decenni, nell’ambito enologico abbiamo visto cambiare i gusti: dai vini internazionali si è tornati quelli da uve autoctone e vitigni un tempo considerati minori sono stati rivalutati. Si sono inoltre affermati i vini biologici e stanno prendendo piede anche quelli senza solfiti per non dire dei vegani. Si può ipotizzare come sarà il vino nel prossimo futuro?
Il vino deve anzitutto essere buono, e questa è una premessa imprescindibile. Anch’io ho inserito nella carta dei miei ristoranti alcuni vini “naturali”, perché anzitutto mi piacciono e in secondo luogo trovo sia giusto dare anche a questi prodotti il giusto spazio.
Qual è il ruolo oggi della cucina italiana nei Paesi occidentali o in ogni caso in quelli in cui consumi di vino sono consolidati? Fa ancora da traino o vi è bisogno che il vino italiano si contamini con le gastronomie locali?
Il vino italiano ormai si accompagna ovunque ed è riconosciuto per la sua qualità. È un lasciapassare per tutti i tipi di ristorazione.
Secondo Lei quali sono, tra le cucine “nuove” che si stanno affermando in Italia, come quelle etniche, vegetariane, vegane, quelle che le cantine italiane dovrebbero considerare nel proporre i propri vini?
Bisogna sempre trovare la tipologia di vino adatto da accompagnare a un piatto. Nel caso di una cucina vegetariana e vegana è necessario selezionare dei vini più leggeri, meno corposi, dei vini freschi e profumati. Chi ha questi tipi di vini può entrare in queste cucine.
Foto: © MariaCristina Di Giuseppe
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