La crescita del mercato estero del vino neozelandese sta creando uno squilibrio nell’industria vitivinicola dell’arcipelago del Pacifico.
Secondo l’ultimo Wine Quarterly Report di Rabobank, nei dodici mesi a dicembre 2015 il volume delle esportazioni di vino dalla Nuova Zelanda è cresciuto del 12%. Gli Stati Uniti sono oggi il primo mercato di destinazione, seguiti dal Regno Unito, dall’Australia, dal Canada e dalla Germania.
In particolare in un anno, le spedizioni verso gli Usa si sono incrementate del 5% in volume e del 2% in valore, grazie soprattutto alla sempre maggior richiesta di vino di qualità, cosa che denota una tendenza alla cosiddetta “premiumisation”.
Ottime notizie, apparentemente, perché secondo alcuni analisti di Rabobank (di cui vi riportiamo l’opinione attraverso The Drinks Business che ha trattato l’argomento) i successi sul mercato estero sono appannaggio soprattutto dei produttori più forti.
E’ prima di tutto, e qui si fa riferimento in particolare al mercato USA, un problema di distribuzione. I piccoli produttori, ma perfino quelli grandi ma indipendenti, faticano a trovare una distribuzione efficace. Si aggiunga che la scarsa possibilità di espansione del vigneto in alcune zone di produzione chiave, come ad esempio la regione di Marlborough dove vi è la maggior concentrazione di produzione di Sauvignon Blanc, varietà di punta per il vino neozelandese, mette le piccole aziende in posizione di svantaggio, lasciando poca possibilità di crescita.
FEB
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