Terzo mese a doppia velocità per i prezzi al consumo del beverage, con gli alcolici che rincarano a luglio dello 0,9% anno su anno (oltre quattro volte il tasso di inflazione, ancorato allo 0,2%) e le bevande analcoliche che cedono invece due decimi di punto nella media di reparto.
L’andamento deflattivo, in quest’ultimo caso, incorpora l’ormai cronica riduzione dei prezzi retail delle acque minerali, in flessione da dieci mesi consecutivi; un percorso che neanche l’estate rovente è riuscita a ribaltare. L’ultimo dato dell’Istat, rilasciato nei giorni scorsi, attesta a un meno 0,3% la dinamica tendenziale, data dalla variazione dell’indice sul luglio dell’anno scorso. Il confronto con il 2014 consegna invece un aumento dell’1,9% per amari e superalcolici (in accelerazione rispetto al +1,8% di giugno), un più 0,9% per le birre (lo stesso dato del mese precedente) e un rincaro dello 0,6% per i vini.
Il comparto enologico, tra gli alcolici, resta in questa fase il meno inflattivo, anche se il dato di luglio esibisce, nella dinamica tendenziale, un ritmo tre volte più accelerato rispetto al tasso di inflazione generale.
Sul reparto incidono soprattutto i rincari degli spumanti, con lo scontrino medio delle bollicine lievitato, a distanza di dodici mesi, dell’1,6% di media. Prezzi più alti, ma di un più modesto 0,7%, anche per i vini che riportano in etichetta la sigla Doc-Docg. Per i prodotti da tavola la variazione si limita invece a un solo decimo di punto. Mentre su base mensile a un andamento piatto dei prezzi di vini comuni e spumanti si è contrapposta, a luglio, una variazione positiva delle etichette di pregio, aumentate dello 0,1% rispetto al mese di giugno.
Per l’intero reparto food & drink (alcolici inclusi) l’Istat documenta, il mese scorso, una diminuzione dei prezzi al consumo dell’1,1% mensile, associata in larga parte ai ribassi stagionali dei prodotti non lavorati.
Su base annua la crescita rallenta allo 0,8%, dal più 1% di giugno, mantenendo comunque un ritmo più sostenuto rispetto a quello generale. I capitoli più caldi restano tuttavia istruzione e servizi ricettivi e di ristorazione, che archiviano su base annua rincari medi dell’1,9 e dell’1,4 per cento rispettivamente.
In forte calo invece i listini dei prodotti energetici, che sul luglio dell’anno scorso cedono il 5,5%. Le attese sono per un ulteriore raffreddamento dei prezzi, con il petrolio crollato ai minimi dal 2009. Un fenomeno che, con tutta probabilità, riproporrà sia in Italia che in Europa uno scenario deflattivo, in linea con quanto già sperimento all’inizio di quest’anno.
p.f
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