Una produzione grosso modo invariata. A fronte di una domanda mondiale che potrebbe invece tirare il freno, subendo i contraccolpi di una nuova ondata recessiva.
E’ il quadro tratteggiato dall’Oiv, l’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, nel suo ultimo rapporto di congiuntura.
I dati di superficie confermano l’erosione del vigneto Europa. Ma anche fuori dai confini comunitari i filari hanno subito un generale diradamento, salvo casi isolati come quello del Cile. Su scala europea l’Oiv rileva una riduzione delle aree vitate tra i 50 e i 55.000 ettari. Un risultato – spiegano gli analisti – determinato dall’effetto congiunto delle richieste di abbandono definitivo, presentate nell’ambito dell’Ocm vino, e delle estirpazioni complementari.
La prima misura, giunta al terzo ed ultimo anno di applicazione, avrebbe portato a un ulteriore restringimento del vigneto comunitario di 45-50mila ettari, a fronte di richieste per 82.000 ettari e di un coefficiente di riduzione del 40%.
Maggiormente interessata da questa misura la Spagna, che ha ridotto il vigneto di 28.000 ettari circa. Seguono l’Italia, con 9.000 ettari in meno, e la Francia con 6.000, a cui si aggiungono i 2.000 abbondanti persi dall’Ungheria e i mille scarsi del Portogallo.
I conteggi preliminari, basati su queste nuove risultanze, attestano il dato di superficie nella Ue attorno ai 3.570.000 ettari complessivi. Un risultato che, se confermato a consuntivo, comporterà una riduzione del vigneto dell’1,4% rispetto al 2010.
La flessione delle superfici vitate si estende, nel frattempo, anche ai Paesi dell’Emisfero Sud e agli Usa. In Argentina, in particolare, si stima quest’anno un taglio di 10.000 ettari rispetto al 2010, mentre in Australia, dove il comparto vinicolo versa in condizioni ancora piuttosto critiche, si prevede un proseguimento delle tendenza negativa già rilevata l’anno scorso con la perdita di circa 6.000 ettari.
Il fenomeno, seppure in misura nettamente più attenuata, dovrebbe coinvolgere anche Sudafrica e Nuova Zelanda. Dati che portano a stimare in circa 60.000 ettari la riduzione complessiva delle superfici vitate, stimata su scala globale al di sotto dei 7,8 milioni di ettari.
Produzione mondiale stabile
Con riferimento alla produzione, i conteggi dell’Oiv, per quanto attiene all’Europa, parlano a livello dei Ventisette di una crescita solo marginale della vendemmia 2011. Contrazioni del 13 e del 2% sono previste, nell’ordine, in Italia e Spagna, con quantitativi valutati rispettivamente in 42,2 e 35,4 milioni di ettolitri. Solo la Francia, tra i big, dovrebbe archiviare un progresso rispetto alla modesta performance del 2010. Al riguardo le proiezioni quantificano in 49,6 milioni di ettolitri la nuova vendemmia, l’8,5% in più di quanto ottenuto l’anno scorso.
Forti ridimensionamenti della produzione (-17% circa) sono attesi, al contrario, in Grecia e Portogallo. Mentre gli aumenti registrati in altri Paesi Ue, come Germania e Austria, ma anche nel blocco delle nazioni dell’Est (Romania, Ungheria, Slovenia e Slovacchia), rappresentano di fatto un ritorno alla normalità, dopo la magra vendemmia degli ultimi 12 mesi.
Nel complesso – stima l’Oiv – la produzione del Vecchio Continente dovrebbe posizionarsi, nel 2011, nell’intorno dei 158 milioni di ettolitri, facendo segnare una crescita solo frazione rispetto all’anno precedente (+0,8%).
Non sono previsti scossoni neanche oltre il perimetro della Ue. Per i Paesi di cui l’Oiv dispone dei dati produttivi, si registra nel complesso un quadro stazionario, seppure con andamenti fortemente differenziati. Per gli Usa (18,7 milioni di ettolitri) e per le cantine argentine (15,5 milioni) i conteggi preliminari restituiscono contrazioni rispettivamente del 10 e di circa il 5% su base annua. Balzo record, invece, per la produzione vinicola cilena, a 10,6 milioni di ettolitri (+15,5% rispetto al 2010), con un nuovo massimo storico previsto anche in Nuova Zelanda, che in dodici mesi ha sperimentato una crescita di oltre il 23%.
In Australia, nonostante la prudenza delle stime iniziali, la produzione si è spinta a ridosso dei 12 milioni di ettolitri, crescendo del 5,5%. Mentre il Sudafrica conferma sostanzialmente il dato 2010, mantenendosi sui 9,2 milioni di ettolitri.
A livello globale – affermano gli esperti dell’l’Oiv – è ipotizzabile, sulla base degli elementi finora disponibili, una produzione vinificata attorno ai 270 milioni di ettolitri (+0,4% rispetto al 2010), un risultato più o meno in linea con la media dell’ultimo decennio.
Consumi, rischio regresso
Per quanto attiene ai consumi, si tratterà invece di verificare se il rischio “double dip”, di ricaduta cioè in recessione delle economie occidentali, avrà effetti negativi sulla domanda mondiale. Crucialmente, il peggioramento del ciclo congiunturale, già in atto nel quarto trimestre 2011, potrà ridurre i consumi di vino fino ad oltre 3 punti percentuali. Le indicazioni attuali valutano per il 2011 un livello compreso tra 235,7 e 251,5 milioni di ettolitri, con la forcella centrale di stima (243,6 milioni) allineata al dato di un anno fa.
Bilancio di approvvigionamento del vino nel Mondo (milioni di hl)
Fonte: OIV
Gas serra, via al protocollo di calcolo OIV
“Sempre più in futuro il settore vino dovrà rispondere alle problematiche ambientali, e confrontarsi non solo con i dettami delle direzioni generali che a Bruxelles gestiscono agricoltura o salute, ma anche con quella che si occupa di tutela dell’ambiente. Da questa considerazione nasce l’iniziativa dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino, che intende dotare il comparto a livello mondiale di uno strumento comune in grado di misurare e quindi ridurre la produzione di CO2, dall’Argentina alla Nuova Zelanda, passando per l’Italia”.
Così spiega la genesi del Protocollo OIV sul calcolo dei gas serra il direttore generale Federico Castellucci, ormai in fase di avanzatissima elaborazione dopo la recente risoluzione dell’assemblea generale che ne ha approvato i principi e che per giugno dell’anno prossimo provvederà a ratificare il sistema di calcolo. “Un sistema – spiega Castellucci – mutuato dalle positive esperienze neozelandesi, implementato ulteriormente dal nostro comitato tecnico-scientifico, che si svilupperà su due pilastri: un protocollo d’impresa, che andrà a misurare emissioni dirette, quelle primarie, e indirette, cioè inter-aziendali. Poi il protocollo di prodotto, che definisce le emissioni associate ai singoli prodotti del settore vitivinicolo”.
Fondamentale in tal senso è proprio l’idea di aver assorbito all’interno del sistema di calcolo tutto il ciclo produttivo del vino, a partire dal vigneto. “Molti protocolli di prodotto esistenti valutano la fase produttiva e distributiva a valle, dimenticandosi del contributo positivo in termini di assorbimento di CO2 fornito dalla parte agricola. Con questo strumento – spiega Castellucci – forniamo un criterio di valutazione globale e oggettivo, che permette alle aziende di inglobare nel calcolo generale tutti quegli elementi positivi che fanno del vino un prodotto più virtuoso rispetto ad altri. E quando si ha una patente riconosciuta e validata a livello internazionale, questo può fare un’enorme differenza nel momento in cui si devono prendere scelte strategiche, che siano politiche o, scendendo a livello distributivo, d’acquisto”.
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