Nei laboratori del Future Industries Institute, centro di ricerca afferente all’University of South Australia, un’equipe guidata da Xavier Ceto Alseda ha sviluppato un dispositivo elettronico capace analizzare i segnali elettrochimici di alcuni componenti di un vino, tra cui gli zuccheri e i composti fenolici.
La device, che in modo semplicistico può essere definita una “lingua elettronica”, nasce dalla necessità di poter effettuare su scala industriale test di valutazione degli standard di qualità di un vino prima dell’ immissione sul mercato.
Il dispositivo promette di poter tracciare un’impronta digitale di un vino, da cui è possibile dedurre anche informazioni quali l’età del prodotto testato e il tipo di botte in cui è stato elaborato.
L’apparecchiatura, presentata sulle pagine della rivista New Scientist (la notizia è stata poi ripresa anche da The Drinks Business) non è l’unico dispositivo esistente capace di identificare elettronicamente specifici composti di un vino, ma è probabilmente il primo a poterne analizzare la combinazione complessiva, replicando (o tendendo a replicare) artificialmente la degustazione di un sommelier, processo nel quale le diverse sensazioni percepite dal palato sono combinate con le risposte cerebrali.
Se da un lato, e chi ha sviluppato l’apparecchiatura ne è consapevole, un’analisi di questo tipo non potrà mai sostituire del tutto quella effettuata da un uomo, visto che una macchina difficilmente può generare un output ricco anche di risposte emotive quale quello garantito da un essere umano, la “lingua elettronica” potrebbe risultare particolarmente utile proprio per le analisi dei vini su larga scala, occasioni nelle quali proprio la necessità di dover degustare in tempi brevi un numero molto grande di campioni può inficiare l’obiettività dei risultati.
FEB
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