Sulle pagine online di Forbes è apparsa nei giorni scorsi un’interessante riflessione del giornalista Brian Freedman, specializzato in enogastronomia, sull’evoluzione del gusto dei consumatori americani in fatto di bevande alcoliche.
Negli Stati Uniti, la cultura del bere – suggerisce Freedman – è vicina a una radicale inversione di rotta. Se, infatti, tradizionalmente i palati erano attirati dal dolce, oggi siamo di fronte ad una svolta di centottantagradi, palesata dall’incremento di consumi di amari, liquori naturalmente aromatizzati e bitter.
In particolare, il giornalista di Forbes cita la crescita dei consumi di prodotti quali il Campari – le cui vendite sono raddoppiate rispetto a cinque anni fa e la cui popolarità è in crescita, come dichiarato anche dal Dave Karreker (Campari America) – o il noto liquore al carciofo Cynar.
Questo nuovo trend sta, naturalmente, incidendo anche sulle proposte al bancone dei barman americani, sempre più aperti all’uso di nuovi aromi e sapori, e di conseguenza a una maggiore selezione di prodotti per la preparazione dei cocktail.
Diverse sono le teorie sulla genesi di tale fenomeno: alcuni suggeriscono che ciò sia veicolato dal mondo del vino, e quindi alla popolarità di prodotti dry o più corposi e meno fruttati; altri invece vedono in questa tendenza in evoluzione un influsso delle bevande energetiche (“higt octane beverage”). Particolare anche la lettura in merito proposta dal sopracitato manager di Campari America, che mette in relazione il fenomeno con la diffusione degli store Starbucks e quindi con i consumi di caffè.
FEB
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